Sommario

venerdì 28 giugno 2019

Viva Fiorenza

Kiave di lettura n° 344
Fiorenza è vestita a festa. Le chiarine ne salutano eleganza e portamento. Il corteo, senza chiederla, ottiene strada in automatico con i tamburi a scandirne il passo. Il gonfalone e gli sbandieratori lasciano il giusto fondale alle foto dei turisti e degli innamorati della città col giglio. Le madonne fiorentine aspettano il passaggio dei messeri in piazza Signoria. I quattro quartieri sfilano eleganti e fieri nelle loro sfumature azzurre, bianche, rosse e verdi. Due di questi quattro colori hanno la testa già in Piazza Santa Croce ed al sabbione che sta aspettando sconciatori, corridori, datori innanzi ed addietro. Il Magnifico Messere osserva il passaggio della vitella e il pubblico comincia a scaldarsi acclamando i beniamini con il consueto "picchia .....inserire colore di appartenenza.... picchia .....inserire colore di appartenenza... EH "che sale di tono con l'avvicinarsi delle diciotto. La piazza più bella del mondo ascolta "attenta al comando" ed aspetta la prima voce della colubrina che fa svuotare in un attimo il campo. Pallaio e Maestro di campo si preparano a dare il via a ventisette in costume per colore che si fionderanno alla ricerca dell'avversario e della caccia. Il rischio del blocco, del placcaggio e della mezza caccia è accettato da giocatori, rioni e tifosi. Si può cominciare. "UN CUORE CHE TRABOCCA" fiorentinità osserva orgoglioso e fiero.

venerdì 21 giugno 2019

Si è sentito...

Kiave di lettura n° 343
Era un regalo mirato quello del perfetto consulente letterario romano. Era con l'augurio che si potesse sentire davvero, ben sapendo entrambi che "NESSUNO PUO' SENTIRE" così bene quel silenzio. Parlo di quel silenzio avvolto nella nebbia che si prova ad ascoltare e sentire ad Auschwitz e Birkenau (leggi cliccando qui le sensazioni di quel viaggio).
PAOLO NORI - "Si sente?" - Marcos y Marcos
Ho letto (iniziato) il libro di Paolo Nori, proprio durante il volo per Cracovia. L'inizio è di quelli che ti coinvolge subito, superando anche quello che lo stesso autore definisce come la difficoltà maggiore "...che finire, finisci per forza, cominciare invece delle volte stai lì un sacco a pensarci, comincio o non comincio..." e soprattutto togliendo dalla testa il dubbio mai troppo lusinghiero per l'autore "..quando uno che ha letto il tuo libro ti chiede perchè scrivi c'è qualcosa che tocca...che non va..".
L'argomento del libro è ben identificato dalla copertina ed emerge bene dalle pagine che si sommano, anche se il modo di affrontare l'argomento non è per niente banale, in pieno stile Nori. La partenza in riferimento ferroviario "..il treno è il vettore, ma chi ti obbliga a andare su quel treno...è la storia..." è esemplificativa del percorso del libro che si sviluppa in percorsi narrativi e storici che affiancano in modo totalmente suo le vicende di Auschwitz e Birkenau "...quando la storia ti spinge da una parte, quando tutti intorno a te dicono una cosa, per quanto schifosa quella cosa possa essere, in quel momento lì ti può sembrare normale pensarla e dirla anche te..." fino a finirci dentro "...come per dire, voi ci assediate? voi pensate di ridurci alla fame? E noi ci mettiamo i  nostri vestiti migliori e andiamo nel migliore teatro a sentire eseguire dai nostri migliori musicisti l'ultima sinfonia del nostro migliore compositore..." evidenziando quello che la vicenda in sé provoca "...sarebbe una gran cosa riuscire a guardare le cose con quell'attenzione lì, da deficienti, come le si vedesse per la prima volta...". Quest'ultimo è (almeno per me) il messaggio che vuole passare dalle pagine che raccontano i discorsi dello stesso autore tenuti per il libro e sul libro.
Si sottolinea infatti l'esigenza forte infatti di vedere le cose con gli occhi "aperti" di chi dalle stesse è sorpreso, di chi ne rimane travolto e "segnato" "...volevamo afferrare la vita il più velocemente possibile, ma non conoscevamo le parole..." quasi sconvolto e non con gli occhi abituati al conformismo della storia nota quasi dovuta. Solo così, quello che vediamo e/o sentiamo e/o che lo stesso Nori prova a raccontare accenderà la giusta riflessione a seguito della vera emozione, riflessione che dovrebbe portare a consapevolezza "...rispetto ai centri di permanenza...io mi son chiesto come faccio a far finta di niente, a voltare le spalle, a fare come se non esistessero, oggi, in Italia, ai quali non ci si può avvicinare, come non ci si poteva avvicinare ad Auschwitz e Birkenau e dei quali non parla nessuno come non parlava nessuno di Auschwitz e Birkenau...". 
Chi si aspetta il libro sui campi con i "racconti classici" o le vicende di chi li ha vissuti sbaglia lettura. Chi ha la voglia di seguire un tipo di narrazione obliqua, incentrata sulla voglia di percorrere storie e di sentirle sulla pelle il reale scorrere del treno con i suoi sussulti e le sue oscillazioni, trova il giusto volume.
BIGNAMI: il consulente letterario, sbaglia raramente e non è questo il caso. Quattro stelle su cinque la mia valutazione.

martedì 18 giugno 2019

In Automatico...


In Automatico. 
Appena mi hanno detto "hai sentito? Pare abbiano arrestato Platini..." - clicca qui per leggere, a me si è aperto un sorriso soddisfatto a 32denti e sempre in automatico mi è venuto da citare "...so soltanto come si dice Vaffanculo Platini..."
In Automatico.

lunedì 17 giugno 2019

Una scelta utile

Kiave di lettura n° 342
Periodo di code ai CAF per copie di certificazioni dei redditi, scontrini fiscali, fatture e dichiarazioni fiscali. Sicuramente cose non così divertenti, a maggior ragione per quelli "CHE HAN RISPOSTE" che alla fine delle code e delle copie, li porteranno anche a pagare le dovute rate di tasse.
Ed allora, per rendere utile un periodo non propriamente divertente, vi propongo una cosa. Nessuna novità ovviamente, nessun colpo di genio personale....ma una cosa che ogni volta trovo più importante, più piena di senso, più utile.
Sto parlando di prender nota di un codice fiscale (971 471 101 55) e di donare il 5 per 1000 a chi ne può fare un giusto e meritevole utilizzo: EMERGENCY.
Emergency la chiama "una dichiarazione di umanità", io "una scelta utile ed importante".
Dopo quella piccola firma vi sentirete un po' meglio, fidatevi. A me succede così da un bel po' di anni, ed anche nei giorni scorsi è andata proprio così.

venerdì 7 giugno 2019

Inevitabile

Kiave di lettura n° 341
"Commossi per Commisso".
foto tratta da violanews
In questo momento la Firenze viola "non ha occhi che" per il nuovo proprietario del giocattolino più amato dalla città.
"GLI OCCHI FANNO QUEL CHE DEVONO", visto che non poteva che essere così. Così come non poteva che terminare qui l'esperienza dei Della Valle (per molti anche troppo in ritardo).
Il buon Rocco Commisso, ben imbeccato, si è presentato ieri con la sciarpetta al collo, magnificando Firenze, sviolinando sui marchi indelebili della storia viola (Hamrin, Antognoni, Batistuta) e cercando un orgoglioso profilo ("non sono qui per svendere") senza voli pindarici ("promettere meno ma realizzare di più").
Certamente arriva al momento giusto. In un momento in cui per la Firenze calcistica era impensabile ripartire per la costruzione di una nuova stagione (o addirittura ciclo) con una società/proprietà con la quale esisteva ormai una frattura netta ed insanabile. Pur non essendo stato mai troppo antidellavalliano era ormai inevitabile la cessione. Difficile fare un bilancio di questi anni. I primi dieci anni di alti e bassi ho provati a descriverli con gli occhi del tifoso in "Una passione da dieci"Storia che più o meno cominciava così.
Dopo aver trattenuto il fiato a lungo temendo il peggio, cioè scomparire per
sempre dalla “mappa calcistica”, Firenze cominciò a respirare di nuovo. La felicità
per il possibile rilancio e la possibile ricostruzione di quello splendido
giocattolo viola era innegabile e condivisa da tutti gli amanti della Fiorentina,
ma come sempre accade nella città dove ci si divide su tutto, non erano tutte
rose e fiori. Nonostante il “buon nome” della famiglia i dubbi che accompagnavano l’operazione esistevano ed erano legati al fatto che diventavano proprietari della
squadra due fratelli che con Firenze non avevano niente a che fare. Questo,
se da un lato veniva visto come una svolta positiva rispetto alla precedente
proprietà che aveva visto un tifoso rovinarsi anche per colpa della Fiorentina,
dall’altro lasciava alcuni dubbi per il reale interesse della famiglia nel rilevare
la società. A questo si aggiungeva anche il fatto che il nome dei Della Valle non
era mai stato avvicinato alla squadra quando si poteva tentare di salvarla dal
crac di Cecchi Gori, ma soltanto dopo il fallimento i due fratelli erano usciti allo
scoperto, rilevando e ottenendo una società praticamente a zero euro. Certo,
l’impegno finanziario in prospettiva era importante e sostanzioso, ma al momento
iniziale l’esborso era pari a zero e il timore era quello che l’investimento
finanziario fosse l’unico reale interesse della famiglia.
I timori erano incentrati sulle sole motivazioni “economiche” dell’operazione:
rilevare una squadra dalla storia importante come la Fiorentina, che anche in
serie minori avrebbe avuto le luci puntate addosso per la sua vicenda e per il
suo passato, per farsi ulteriore pubblicità; creare buoni rapporti con le istituzioni
fiorentine per eventuali futuri affari; farsi conoscere sui palcoscenici
mondani che comunque il calcio italiano poteva garantire essendo lo sport
più seguito e una delle industrie più redditizie del panorama italiano. I timori
c’erano ed erano acuiti e rafforzati dalla recentissima ferita ancora viva e dolorosa
del fallimento e da quello spirito fiorentino di orgoglio e fierezza che
comunque era messo in difficoltà dal fatto che per salvare un “bene di famiglia”
come da tutti era ed è considerato la Fiorentina, arrivassero degli industriali
marchigiani che fino ad allora mai erano stati visti a Firenze.
Alla felicità di poter di nuovo veder giocare la Fiorentina si affiancavano questi
dubbi e questi timori che accompagnavano buona parte dei fiorentini, alcuni
più manifestamente altri un po’ meno. Ma in quel momento il bene primario
da tutelare era la “rinascita” della squadra, lo spirito comune di tutti per cercare
di lasciarsi alle spalle quella brutta esperienza del fallimento e risalire alla
svelta. Il tempo avrebbe detto se i timori verso i Della Valle si sarebbero rivelati
corretti oppure no. In quel momento però c’era una cosa più importante da
realizzare tutti insieme: una lunga marcia.
Il romanzo della risalita dalla C2 fino alla Champions ha "tenuto" fin quando interesse, voglia ed investimenti sono stati percepiti come evidenti. Fin quando cioè quella lunga marcia è stata vista come "comune". Poi piano piano il rapporto è andato sfilacciandosi, prima lentamente e poi inesorabilmente. La famiglia Della Valle si è allontanata quasi abbandonando il terreno e squadra/società/tifoseria hanno accusato il colpo. Sono cominciate le frizioni prima e le contestazioni poi che hanno inesorabilmente portato ad una lunga discesa, alla fine della quale (e di un triennio fatto di zero programmazione, mercato, idee) si è arrivati anche a rischiare la Serie B. Da parte della proprietà si è mantenuto sempre e soltanto viva l'attenzione a non mettere a rischio il bilancio.
Ecco, questo onestamente dobbiamo riconoscerlo ai Della Valle. All'atto del precedente cambio di proprietà mancavano anche i palloni e la squadra non si sapeva dove avrebbe giocato: fra Dilettanti e C2 ma sicuramente lontano dai campi che le competevano da sempre. Adesso la squadra è svuotata sì di molte cose, ma con "i conti in ordine", in Serie A e con una squadra "media" che vanta un possibile futuro campione.
Ed allora, con il rammarico di essere arrivati solo vicino a qualcosa di importante (due semifinali di Europa League, ottavi di finale di Champions, due finali di Coppa Italia perse, alcune singole partite che passeranno alla storia come il 4-2 alla #juvemerda o la vittoria di Anfield) salutiamo i Della Valle e diamo il benvenuto a Commisso, senza esaltazioni e senza proclami (seguendo il suo motto) ma contenti perché era davvero diventato inevitabile e necessario. Grazie per l'aria fresca e il piccolo/grande entusiasmo che ha (ri)portato; si ricomincia finalmente a programmare stagioni calcistiche invece che pensare a comunicati e contestazioni. Vedremo ovviamente quale sarà la qualità, ma senza contestazioni e fratture....almeno per un po'..... ; - )

mercoledì 5 giugno 2019

Gesti di un tempo...

Kiave di lettura n° 340

Per un ritorno agli scaffali del mio Katalogo - sezione libreria la scelta del libro da commentare è un po' particolare, per tipologia ed argomento.
ANTONIO PADELLARO - "Il gesto di Almirante e Berlinguer" - PaperFirst
L'acquisto, son sincero, è avvenuto esclusivamente perché lo spacciatore giornaliero di fattiquotidianiEderivati me lo ha sottoposto e messo da parte con la frase "so che di solito li compri, se ti può interessare...". La dimensione "slim" del prodotto ha fatto sì che completassi l'acquisto ed il libro prendesse la corsia prioritaria della lettura rispetto ad altri libri della stessa casa editrice. L'argomento è "originale nel suo essere datato" ed il modo di affrontarlo lo è ancora di più, cosa che onestamente non mi aspettavo.
Padellaro riporta chi legge il libro ad un periodo che è sì lontano, ma sembra anni luce ancora più perso nel tempo, tanto gli scenari sono diversi e completamente modificati. Il libro infatti riporta ad un periodo in cui c'era "UN MURO E BERLINGUER" e Almirante dai due lati dello stesso. Due politici divisi nell'epoca storica rappresentata da una divisione ancora più netta e non solo apparente. Due stature morali diverse (per me neanche lontanamente paragonabili nè avvicinabili....neanche nello stesso titolo del libro...) che in un periodo storico rovente trovano modo, spazio e umiltà per confrontarsi con il "nemico".  Degli incontri si ha poche notizie, sul numero e sugli argomenti. Si sa invece che un leader appurato dell'epoca "erede e depositario del più fiero e indomabile antifascismo" facendo "qualcosa di sorprendente e straordinario. in fondo è ciò che chiediamo tutti di essere sorpresi da ciò che pure pensiamo di conoscere bene" ha avuto modo di incontrare quello che era il suo punto di riferimento dall'altro lato del "muro". Onestamente mi aspettavo qualcosa di più concreto sugli incontri e/o qualcosa di più sui motivi/argomenti delle conversazioni, ma Padellaro riesce comunque a tenere viva l'attenzione di chi legge, virando su un testo più frammentato rispettato alle informazioni ma interessante per il percorso che cerca di costruire provando a fotografare il reale significato (e la relativa portata) di quegli incontri. Si affida a citazioni che onestamente non mi sarei aspettato "diffidate degli amici vi tradiranno più facilmente perchè rosi dall'invidia...un nemico di un tempo, sarà nei vostri confronti più leale di un amico perchè deve dare maggiore prova di sè.." (cit. Robert Green) oppure "il modo in cui giocavamo noi era una forma di jazz""quando l'ironia diventa un semplice strumento di discorso sociale...è solo un modo fico di fare, di parlare e di agire, di prender in giro tutti, te compreso.." (cit. David Foster Wallace) ma che si collocano perfettamente nel racconto, aiutando la comprensione di un percorso narrativo più letterario e poetico che non di cronaca. Alla fine "come due persone che non hanno bisogno di dirsi altro" Padellaro decide di non raccontare altro. Solo di fotografarli, "incredibilmente soli e vicini". E ci riesce molto bene.
BIGNAMI: il libro è veloce e scorre bene. E' una lettura che non "sconvolge" dalla bellezza e non "rapisce" dai fatti descritti, ma fornisce spunti di riflessione interessanti. La mia valutazione è di tre stelle e mezzo su cinque.