Kiave di lettura n° 30 |
Sono colpevole spesso di non tradurre su questo blog i pensieri o i ricordi di certe persone importanti che poi mi trovo a citare nei momenti del ricordo "istituzionalizzato". Purtroppo in questi giorni è accaduto un evento che ha spinto questo ricordo fuori dal periodo "solito".
Pochi giorni fa è venuta a mancare infatti Agnese Borsellino, la moglie di Paolo ed il pensiero a quella lontana tragedia del 1992 non è potuto passare in secondo piano o così senza lasciare traccia come accade giornalmente quando "TUTTO IL RESTO E' FRETTA" e si porta via i momenti di riflessione.
Ora il destino vuole che a pochi giorni di distanza è venuto a mancare anche "il divo" Andreotti ed ovviamente il belpaese non ha perso l'occasione per fare la solita figura misera. Tutti al capezzale del signor Giulio, ad incensarne i meriti politici ed istituzionali ed a riconoscergli meriti di intelligenza ed arguzia. Minuti di raccoglimento per tutto il campionato di Serie A (per fortuna contestato dalla maggior parte dei tifosi) e sentite condoglianze piovute da tutte le parti del mondo. Ora fin quando il tutto è fatto da (supposti) giornalisti romanticamente attaccati al passato può essere ridicolo e deprecabile ma può passare, quando è fatto dalle istituzioni in prima persona, cadono un pò le braccia (e non solo) e per commentare mi affido a qualche riga di Travaglio che, come al solito, definirei perfettamente sarcastica e reale.
E così il destino ha messo insieme la morte della moglie di chi ha dato la vita per la lotta alla mafia con la morte di chi con la mafia ha avuto rapporti organici (non condannabili perchè reati caduti in prescrizione). E lo schifo dell'incensare il divo aumenta quando piovono critiche a quei pochi con la schiena dritta come Ambrosoli (apprezzato da subito) che escono dal coro e nel caso specifico dall'aula che commemorava Andreotti in onore e ricordo del padre fatto uccidere perchè (parole dello statista Giulio) "se l'era cercata". Criticato da Lega e PDL ed ovviamente non appoggiato e sostenuto dal PD, che si sà che quando ha una buona idea o fa una buona azione cerca sempre di mascherarla, anche perchè (sempre citando Travaglio) "se poi alzano la testa un pò troppo Berlusconi s'incazza e fa cadere il governo".
In tutto questo appunto, il destino beffardo sembrava diversi nell'aver avvicinato nella morte due persone lontanissime nella vita. E la casualità non poteva passarmi inosservata. Ancora più intenso il pensiero di Agnese che soltanto adesso finalmente riuscirà a farsi una ragione della morte del marito, sentendo da lui stesso le motivazioni e conoscendo (o avendo conferma) dal suo sorriso il nome dei colpevoli di quel barbaro omicidio che continua a sventrare le anime degli italiani perbene.
A tutto questo si è aggiunto un commosso ricordo di Agnese da parte di Salvatore Borsellino. Per niente banale, come per niente banale è lui e la situazione. Denso di significato come sono sempre le sue parole ed i suoi pensieri. Pieno di moralità, integrità e dignità da commuovere dentro.
Vi lascio con le sue parole, il miglior modo per ricordare Agnese, per onorare Paolo e quello che di bello il nostro Paese produce. I minuti di raccoglimento del belpaese per "divi" e prescritti per reati di mafia li lascio ad altri.
CIAO AGNESE
Ho chiesto a Lucia di metterle tra le mani una foto di Paolo e le ho messo vicino
la foto del loro matrimonio perchè so che è così che avrebbe voluto affrontare
il suo ultimo viaggio, al braccio del suo Paolo, quel giovane magistrato che
aveva incontrato, per un caso non del tutto fortuito, appena sei mesi prima di
quel giorno nello studio di suo zio, il notaio Furitano.
Io la
conobbi per la prima volta così, nel suo abito da sposa, il giorno del loro
matrimonio.
Quando partii per il servizio
militare, nove mesi a Roma da allievo ufficiale e sei mesi in Sardegna da
sottotenente, Paolo non la la aveva ancora incontrata.
Allora lui non era
nemmeno fidanzato e io , era il 1968, insieme a quella che sarebbe diventata
mia moglie, eravamo fidanzati da anni, avevo fissato la data del nostro
matrimonio per il 22 dicembre.
Ma poi, appena tornato, seppi
che Paolo aveva fissato il suo matrimonio per il 23 dicembre e allora io, ero
il fratello minore, dovetti spostare il nostro al 4 di gennaio, al ritorno dal
suo viaggio di nozze. Paolo avrebbe dovuto essere il testimone di mia moglie,
ma lui e Agnese quel giorno arrivarono tardi e mia moglie dovette all'ultimo
momento chiedere di sostituirlo a mia sorella Rita.
Poi
noi partimmo per il nostro viaggio di nozze, che fu in realtà soltanto il
nostro trasferimento da Palermo a Borgofranco d'Ivrea, la città dove avevamo
scelto di vivere per fuggire da Palermo, una città dove io, con la mia laurea
in Ingegneria, non avrei mai potuto trovare un lavoro e dove non volevamo far
nascere e crescere i nostri figli, e così rari furono poi i momenti e le
occasioni in cui potei incontrare e conoscere meglio Agnese.
I miei
primi ricordi di lei restarono così legati a quel suo abito da sposa bianco con
il quale la avevo intravista al braccio di mio fratello in quella chiesa della
Magione nella quale si sposarono e nella quale si riusciva appena ad entrare,
suo padre era il presidente del Tribunale, e in quel meraviglioso hotel di
villa Igea a Palermo nel quale io, fino ad allora, non avevo mai messo
piede.
Poi,
nei venti anni successivi, non troppe le occasioni di incontrarci, , tre o
quattro volte l'anno, quando tornavo a Palermo, Paolo assorbito dal suo lavoro,
io dal mio, fino al Natale del 91, quando, credo fosse la prima volta, passammo
una settimana insieme in montagna, ad Andalo, nel Trentino
E poi
il 19 luglio del '92, quel giorno che portò via la vita di Paolo e cambiò per
sempre la vita di tutti noi.
Con
Agnese e con i figli di Paolo allora tante più occasioni per vederci, con Paolo
che, adesso più che mai, era al centro di tutti i nostri pensieri, di tutte le
nostre parole, di tutte le nostre azioni.
E
Agnese che mi diceva che la verità sulla morte di Paolo non sarebbe mai potuta
venire alla luce, perchè altrimenti sarebbe saltato in aria l'intero paese. E
Agnese che mi diceva che tante cose non poteva dirle perchè aveva paura per i
suoi figli, perchè aveva paura che dopo averle ucciso il marito potessero fare
dal male anche a loro.
Poi la
morte di mia mamma che, dopo averci regalato ancora cinque anni della sua vita
andò a raggiungere Paolo, come avrebbe voluto fare il giorno stesso che, dopo
il suono del campanello, sentì quell'esplosione che le portava via il figlio, e
i miei anni di silenzio quando, persa la speranza, non riuscivo neanche più a
tornare solo per per qualche giorno a Palermo.
E
infine gli anni della rabbia quando, con le mie Agende Rosse , tornai nella mia
città per impedire che via D'Amelio continuasse ad essere profanata dagli
avvoltoi che venivano in quella via, ogni 19 luglio, per accertarsi che Paolo
fosse veramente morto.
Forse
anche lei mi avrà preso per pazzo, all'inizio. Bisogna essere pazzi in questo
nostro disgraziato paese per continuare a cercare Giustizia e Verità, per
trascinare centinaia di giovani che alzano in aria un'agenda rossa e gridano
RESISTENZA arrampicandosi su per le rampe del monte Pellegrino fino al castello
Utveggio, per continuare a parlare di un trattativa che ha accelerato o
determinato la morte di Paolo quando tutti la negavano, per ostinarsi a
contestare le menzogne di un ex ministro fino a vederlo sul banco degli
imputati in un processo proprio su questa trattativa, non più pretesa, non più
fantomatica, con l'accusa di falsa testimonianza.
Ma
poi, a poco a poco, nella parole di Agnese che diventavano sempre più forti man
mano che il tremendo male che l'aveva aggredita ormai da tre anni la consumava
sempre di più condannandola ad un martirio che ha avuto fine solo alla mattina
del cinque di maggio ho sentito, pur nel profondo rispetto delle Istituzioni
che ha sempre ispirato i suoi gesti e le sue parole, di averla vicina come non
la avevo mai sentita.
La
forza che ho sentito emanare dalla sua figura, dalla sua voce voce quando,
nell'androne del suo palazzo, sulla sedia dalla quale il suo male non le
permetteva più di alzarsi, ha voluto incontrare i giovani che, dopo avere
manifestato per Nino Di Matteo, hanno voluto andare in via Cilea per
manifestare ad Agnese il proprio affetto, era tale da farci tremare e riempire
gli occhi di lacrime.
Di
questo volevo ringraziarti, Agnese, nella chiesa dove ti abbiamo salutato per
l'ultima volta come ventuno annua fa avevamo salutato il tuo Paolo, della forza
che potremo prendere da te, dalle tue parole, per le tante battaglie che
dovremo ancora combattere.
Volevo
dirti soltanto poche parole, ma in quella chiesa, in un funerale che avevamo
chiesto fosse soltanto per i familiari e per la gente che ti voleva davvero
bene, c'erano delle persone che non avrebbero dovuto essere li e che avevano
occupato i primi posti, quelli dove si viene meglio ripresi dalle
televisioni.
Se
avessi parlato, tu lo sai, io sono pazzo, non sarei riuscito a tacere e ti
avrei turbato e allora quelle parole te le dico adesso: Ciao Agnese, per la
Verità e per la
Giustizia, te lo promettiamo, combatteremo fino all'ultimo
giorno della nostra vita.
S. Borsellino
Da twt: brividi! #agenderosse
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