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sabato 18 aprile 2020

...diciottoquattro...

Per la prima volta da quando è iniziato questo periodo di "reclusione" più che la mancanza di un contatto con chi non posso incontrare, di un abbraccio che non posso dare o di un un incontro che non posso fare, ho sentito forte la mancanza di "un posto". Di non poter essere lì. Come d'abitudine. Come in tutti gli ultimi trentaquattro diciottoquattro. "...ogni volta, ogni aprile, ogni anniversario, questa data sembra diventare più grande, più incisiva nei miei pensieri..."
Fortissima la mancanza di non poter sentire sulla mia pelle quel silenzio, quell'orizzonte, quella camminata, quella voglia di staccare da tutto. Di fare quel saluto strano, quel gesto su quella foto, quell'aggiustatina a quel vaso. Una mancanza strana, fatta di silenzi e occhiali scuri proprio "QUANDO LA FERITA BRUCIA"  un po' di più. Di giorni di ferie presi o ritagli di tempo nei fine settimana per non mancare all'appuntamento fisso. Banale e un po' stupidotto, ma automatico. Abitudine fatta di pensieri di tutto l'anno che si materializzano in quella discesa, in quegli alberi a far da "passerella", in quell'aria ancora pungente anche col sole che finalmente sta arrivando primaverile. 
Da stamani sento addosso questo clamoroso senso di "assenza". Il dover saltare questo mio appuntamento. Rimandato, certo. Ma non consola per nulla oggi. Ma proprio per niente. Ed all'assenza infinita che col tempo aumenta invece che diminuire si somma l'assenza anche di questo “strano” rituale. In quel posto che oggi è davvero mancato clamorosamente.
Quel gesto sulla foto, imparato da te. Quell'accomodare il vaso prima di andare via, imparato da te. Quel sorriso che dice altro, imparato da te. Quest'anno ti saluto da qui, uomo coi baffi.

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