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sabato 23 ottobre 2021

Ricordando Stefano

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 458
"Ci piace pensare che Stefano non è più solo nostro, ma dell'intera collettività. Mio fratello è morto come un ultimo tra gli ultimi che non hanno voce e per questo ci battiamo per i diritti di tutti" a dodici anni dalla sua morte, la sorella di Stefano Cucchi ha così aperto il settimo memorial in onore del fratello.
Ilaria, come tutta la sua famiglia, da quel giorno ha visto la sua vita sconvolta da una tragedia di dimensioni colossali. "LA' FUORI IN GIRO" Stefano aveva incontrato carabinieri che lo avevano fermato e da quel momento a fermarsi è stato il suo mondo e quella della sua famiglia. La sua vicenda è nota. Nel mio minuscolo spazio di questo blog ho scritto spesso della sua vicenda (vedi ad esempio cliccando qui il mio post sul film "Sulla mia pelle" che splendidamente e senza sconti racconta questa tragica storia) perché ogni volta che ci penso, mi arriva alla bocca dello stomaco un colpo clamoroso "dritto per dritto".
Rivedo le scene del film, risento le parole di Ilaria, rileggo gli articoli di giornali, rivivo la rabbia nell'ascoltare le deposizioni. Un dolore che invece non riesco nemmeno a quantificare o a descrivere a parole è quello che vagamente riesco solo ad immaginare devono aver provato i suoi familiari. 
Uno schifo che invece condivido con loro è quello relativo alle milioni di parole fuori luogo e vergognosamente pronunciate da figuri che dovrebbero solo vergognarsi ad uscire di casa e che invece hanno rivestito negli anni (e rivestono tutt'ora) cariche ed incarichi di partito, di governo e di luoghi istituzionali. Dal "fa schifo" al "la causa è la malnutrizione", dal "comportamento certamente corretto dei carabinieri" al "se l'è cercata". Tutte parole usate come clave contro un ragazzo che ha perso la vita per un comportamento vergognoso, violento e folle di persone in divisa che rappresentavano lo Stato. Parole che andavano a colpire con la stessa violenza e lo stesso schifo anche la famiglia di Stefano e per le quali nessuno ha mai chiesto scusa o è stato "processato" dal punto di vista della logica e del buon senso.  Frasi ed affermazioni che accentuano quell'acido in gola che questa vicenda provoca e che al solo ripensarci fanno pulsare di nuovo la cicatrice che non si è mai del tutto rimarginata. Allo stesso modo brucia e infiamma quella ferita il pensare e ripensare che la mano che ha colpito Stefano è una mano che ha dalla sua l'autorizzazione all'uso della forza e che per anni ha fatto vivere questo doppio incubo ad Ilaria ed i suoi genitori
Uno Stato che, attraverso una delle sue istituzioni, ha nascosto la verità fino a quando possibile buttando addosso a Stefano la responsabilità della propria morte. Per questo il tweet di Enrico Letta di ringraziamento verso le forze dell'ordine che hanno aiutato ad arrivare alla verità stride con il buongusto. Non perché sia ignobile come quelli suddetti. Non perché non ricordi la famiglia di Stefano. Ma banalmente perché alle forze dell'ordine in questa vicenda non c'è da dire grazie o rivolgere pensieri. C'è da colpevolizzare duramente tutti i responsabili adesso visto che ci sarebbe stato da rimuovere "prontamente" i colpevoli a tutti i livelli ed attivare da subito percorsi di formazione e crescita di consapevolezza del ruolo e della finalità di quella divisa ed è invece clamorosamente mancato tutto. Quel che c'è stato nel caso di Stefano è stata invece una vergognosa e ripetuta umiliazione della divisa in questione. E non si può far finta di niente ora che si è arrivati a verità o incensare chi dopo ore/giorni/mesi/anni infiniti di pavido e puerile silenzio ha deciso in qualche modo di collaborare. Quindi nel suo anniversario pensiero e ringraziamento devono essere obbligati, esclusivi e specifici. Ad Ilaria ed i suoi genitori. A tutti quelli che amavano Stefano. A Stefano. Punto e basta, non ad altri. Ecco, a loro il mio immenso abbraccio.

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