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domenica 9 luglio 2023

Sotto processo

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 547

Come nelle migliori rappresentazioni del potere che si può permettere tutto, questa settimana è arrivata la conferma del presidente del Senato. Non serviva eh, era già abbastanza evidente e chiara la deriva di questo tipo da tante prove inanellate ma sembra sempre che non sia sufficiente e che la prova ulteriore sia necessaria e dovuta.
E così nel pieno disprezzo del ruolo, il presidente del Senato è entrato a gamba tesa (oltre il braccio) sulla vicenda che in questi giorni sta mettendo in primo piano suo figlio. 
Leonardo Apache La Russa infatti è stato accusato ed adesso è indagato per violenza sessuale. Accusa da parte di una ragazza ventiduenne che come nella migliore trasposizione maschilista è diventata (lei) oggetto di accuse. Iter classico "LE DONNE LO SANNO". Perché avrebbe denunciato dopo troppi giorni, perché avrebbe accettato degli inviti ad andare a casa La Russa, perché avrebbe fatto uso di sostanze stupefacenti.
E di questa inversione ovviamente il primo firmatario è stato proprio la seconda carica dello Stato (seguito ovviamente dai soliti scribacchini di corte ed assimilati) che questa teoria l'ha arricchita dal "ho interrogato mio figlio, non c'è niente di penalmente rilevante". Ecco. Siamo a posto, inutile perdere tempo nelle indagini e nell'eventuale processo. Ce lo dice lui, quindi il caso è risolto, anzi non esiste.
Per carità l'innocenza di Apache  è tale fino all'eventuale giudizio di colpevolezza, ci mancherebbe. Però anche quella della ragazza che l'ha accusato che invece è già diventata provocatrice, mitomane, drogata. E l'accusa in questo caso è sostenuta da un'istituzione pubblica tra le più importanti. Che fino a pochi giorni si batteva il petto sui femminicidi ed il trattamento delle donne ed adesso non fa altro che mettere in un angolo mediatico - e non solo - chi denuncia. 
Mi viene da sorridere. Tutte le campagne con "denunciate per voi e per tutte" e quando qualcuna parla si processa e delibera prima ancora del termine delle indagini. Su di lei. Perché in fondo in fondo la regola è quella. E questa volta ad avallarla c'è anche la verità dei fatti già accertata da Ignazio dallo scranno (quasi) più alto della Repubblica. Che tra dieci giorni tornerà a lacrimare per qualche ragazza picchiata/violentata/uccisa chiedendo pene massime e denunce da chi è colpito. Fino poi a dire "si ma in fondo anche lei....".

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