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venerdì 27 settembre 2024

Non dire guerra

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 610
Alla fine è solo una guerra che non si può chiamare così.
Conflitto, stato di tensione, attacchi, raid. Tutte parole che volano via in modo "LEGGERO NEL VESTITO MIGLIORE" di qualcosa che di buono non presenta proprio niente. Almeno in teoria. Ed invece pare ci sia un gioco collettivo a tenere sotto chiave quella parola. Non importano i morti, le stragi, i bambini colpiti, gli stati di distruzioni e la distruzione di stati. Non si parla di guerra, non si cita. Spesso addirittura ci si limita a "tensione". Già, una tensione come in uno stop non rispettato sui viali.
Non è facile individuarne ovviamente i confini di ragioni, di responsabilità, di cause ed effetto. Ma la clamorosa azione di oblio di cui si ammanta quello che sta succedendo tra Israele e Palestina, in Libano ed in generale in quella parte di mondo lì posizionata ha del clamoroso. Non si parla di crimini di guerra ma si ricercano ragioni e si tende a motivare e giustificare. Ed io lo trovo totalmente irreale.
Certo, ormai gli eventi sono talmente enormi che in qualche modo riescono a prendersi la scena ma provate a pensare a numeri che recitano decina di migliaia di morti ed al sentirli abbinare a crisi/escalation/conflitti. Non sarebbe un gran problema rispetto alla situazione appunto, ma credo che questo trascurare la parola guerra denoti la convinzione reale che in qualche modo questa non lo sia per davvero perché in fondo in fondo non si può dire. Meglio parlare di rapporti internazionali da instaurare, migliorare e/o agevolare. Cercare di non vedere le opere di sterminio reale e concreto altrimenti le definizioni e le responsabilità non potrebbero in nessun modo smussarsi. Rimandare a trattati ipotetici che da decenni sono visti come soluzioni ma nessuno poi fa davvero niente per crearne pratiche e concrete basi su cui poggiarne l'attuazione. Di fatto non rispettare le sofferenze, le morti, le distruzioni, la povertà, le vite infrante e deturpate per sempre. Per poi guardare in un'altra direzione e rammaricarsi dei colpevoli, professandosi vicini alle vittime ed urlare all'orrore di guerre che si possono considerare come tali. Come sono in effetti.
Perché in fondo c'è guerra e guerra. Anzi guerra e "stato di tensione".

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