Capita così, di
punto in bianco. Sei a casa, al bar, al cinema, con gli amici, e lo vedi. Non è
un oggetto specifico, è un qualcosa su cui i tuoi occhi si posano così,
involontariamente, casualmente. Eppure, in una circostanza assolutamente
estranea al contesto, il ricordo affiora. Eccolo, si sta facendo spazio tra gli
obblighi, i doveri e gli attimi di libertà della giornata, eccolo, ha deciso
che il suo tempo è maturo, che non puoi sottrarti e che devi ricordare perché i
buoni libri non solo non si dimenticano mai, ma si assorbono come fa una spugna
con il liquido di turno, si assorbono e sono pronti a riaffiorare in qualsiasi
indefinito istante e grazie ad un qualsiasi imprecisato stimolo.
E detto francamente
è proprio quello che è capitato alla sottoscritta pochi giorni fa, la quale,
camminando per le vie della città, è incappata in un iris viola. Il contatto
visivo è stato minimo, quello interiore interminabile. La mente ha accelerato,
immagini su immagini si sono sovrapposte nella memoria, e come se fossero
pagine di un libro si sono fermate a quella di Giancà, il giovane bomber creato
dall’immaginazione (e realizzato dalla penna) di Enzo Susini.
Un pallone che ha
cambiato la vita di Giancà, un pallone ed una squadra che hanno colorato la sua
vita prima nella veste di tifoso, poi di giocatore, perché arriva un momento in
cui quella maglia la devi possedere, indossare, consumare, perché arriva un
momento in cui quella maglia è tutto. Un onore, ma anche un dovere. Un impegno,
ma anche un atto di fede. Un’avventura, quella di Enzo/Giancà in cui è
racchiusa la volontà di combattere, in cui è custodito il più grande degli
insegnamenti: la forza di non arrendersi mai e di andare avanti ancora e ancora
per raggiungere quelli che sono i propri obiettivi. Anche quando il traguardo
sembra irraggiungibile, anche quando la corrente vuole trasportarci da
tutt’altra parte, anche quando la massa ci dà per vinti e perduti, perché non è
mai così, non è mai così quando il nostro corpo e il nostro intelletto custodiscono
quel briciolo di determinazione che ogni giorno ci ha permesso – e ci permette
– di salire quel gradino in più.
Giancà questo lo sa
bene, lui che è stato per tutti “il campioncino maledetto”, lui che tra errori,
cadute e canzoni del Liga, è riuscito in quel che è considerato impossibile
costruendo sul sudore delle proprie fatiche.
Può durare un attimo, il tempo di un flashback, tuttavia quell’attimo è
sufficiente a destabilizzare, a riportare alla mente quella che è stata una
lettura entusiasmante e che, seppur da poco abbia compiuto un anno, a tutt’oggi
è ancora in corsa, è ancora in atto nella sua personalissima maratona.
Ed è questo
ricordare incessante, casuale, inaspettato che ci dimostra quando un libro è
davvero buono, perché pochi sono gli elaborati che dopo aver scosso nella
lettura hanno la forza di tornare a posteriori. Giacché, questo ricordare non è
altro che la riprova che uno scritto ha lasciato il segno, che ha adempiuto
alla sua missione, che è arrivato con tutta la sua virulenta forza.
“Sogni di Tricolor”
riesce perfettamente in siffatto arduo compito, si legge, si divora, si ripone
eppure non si dimentica. E’ lì indelebile, nel cuore e nella mente. Ieri. Oggi.
Domani.
M.