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sabato 20 giugno 2020

Una scorta necessaria

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 393

Oltre quattro anni fa veniva prima rapito e poi ucciso Giulio Regeni. Sono oltre cinquanta mesi che i genitori cercano di non far abbassare la luce e l'attenzione sulla drammatica vicenda di loro figlio. Aiutati da una parte di opinione pubblica o meglio da una serie di persone che hanno dato il loro contributo in vari modi affinché sulla storia di Giulio non cadesse il silenzio. In Italia nel frattempo, si sono avvicendati vari Governi, ma i risultati son sembrati abbastanza simili tra di loro. Il denominatore comune dei quali è la tristezza più assoluta. A cui però i genitori ed i promotori delle varie campagne o delle varie iniziative non si sono mai rassegnati. Non ottenendo finora quanto sperato, ma riuscendo almeno a far emergere alcune cose.
Ad esempio un coinvolgimento che non deve essere così a basso livello, visti gli interventi che si sono succeduti. Ad esempio che il primo tentativo di indagine era in realtà un vero e proprio depistaggio o tentativo di. E' una vicenda molto complessa. Dai mille aspetti e dai mille risvolti. Che negli anni abbiamo imparato non riguardano fattori di poco conto. Ma che hanno tutti alla base una cosa disarmante nella sua semplicità. La verità sulla morte di un ragazzo non ancora trentenne. Che continua ad essere richiesta ma che allo stesso tempo continua ad essere in qualche modo nascosta ed ostacolata. Per questo i genitori di Giulio pochi giorni fa hanno invocato una sorta di "scorta mediatica" per questa vicenda. Che li possa accompagnare e possa dar forza alle loro richieste. Evidentemente quello che percepiscono, anzi sanno, è che senza la presenza accanto di fari e luci sul caso, l'interesse per la verità resterebbe solo il loro. Sentirli, con la signorilità e lo spessore che non può che essere portato ad esempio, chiedere una scorta mediatica per Giulio sancisce due cose. La loro statura morale e la loro forza. E la sconfitta totale di chi fino ad oggi li ha costretti a non avere risposte ed a preoccuparsi di avere una scorta al loro fianco. 
Un altro caso dove "LA VERITA' E' UN'IMPRESA". O meglio un caso dove per riuscire ad ottenere chiarezza serve l'impegno stoico di parenti e la loro costanza di non mollare mai la presa. Vengono in mente, con le differenze evidenti, i casi di Stefano Cucchi e di Federico Aldrovandi. Dove solo grazie all'impegno di sorelle e genitori che non hanno mai mollato la presa si è potuto ottenere qualche cosa di simile alla verità, abilmente occultata al momento iniziale. Lo stesso impegno che è ancora necessario ai parenti di Riccardo Magherini che nei giorni scorsi hanno tentato di nuovo di portare alla ribalta la vicenda di Riky, proprio nel giorno del suo compleanno, con una manifestazione nella piazza del fermo che ha portato alla morte del ragazzo fiorentino. 
Queste situazioni che costringono chi ha subito degli atroci dolori ad ulteriori sforzi per ottenere la dovuta verità mi lasciano addosso un senso di rabbia e di smarrimento davvero unici. A chi ha dovuto piangere un figlio, un fratello, un fidanzato in circostanze violente non solo si chiede di non abbandonarsi al dolore ma gli si impone anche di impegnarsi in ricerche, in manifestazioni comunicative ed in una sorta di scudo naturale rispetto alle voci critiche o accusatorie così come alla voglia di far passare in secondo piano la cosa. 
"Giustizia ritardata è giustizia negata" (cit.). A queste vite non solo la giustizia è stata negata più volte ma la negazione è tutt'ora in corso, violentemente occultata. Per questo non dobbiamo mai far sì che la famiglia di Giulio (così come le altre) si possa sentire senza una scorta.  

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