Sommario

venerdì 17 luglio 2015

Sarebbero 28

Kiave di lettura n° 144

Sarebbero 28 se quella sera avesse preso un'altra strada, lui ma soprattutto chi si è sentito di compiere quel massacro totalmente fuori controllo.
Mi ha colpito, più che come un cinguettio come una tranvata stamani quello che vedete in fondo a questo post, rimbalzato su twitter appunto, ma non solo.
Mi hanno colpito la foto, le parole, la definizione di splendente
Splendente, di quella luce che qualcuno ha vigliaccamente e colpevolmente spento per una violenza ed una colpevolezza che non può passare od essere dimenticata.
Sarebbero 28 di "UNA VITA CHE POTEVA ANDARE MA NON SI SAPEVA DOVE" e quindi portargli chissà quali cose e quali percorsi, nella sua totalità di vita e nel suo giorno di festa di oggi.
La storia di Federico è dentro di me, è una di quelle che resta attaccata addosso come le magliette fastidiosamente sudate di questi giorni da calore spropositato. Una storia stronza, di una vigliaccheria e di un sopruso senza fine che ha impedito a Federico di soffiare oggi su 28 candeline.
Sarebbe stato il giorno dei festeggiamenti di una splendida mamma, splendente proprio come lei definisce Federico, oggi che evidentemente le deve mancare di più. Sempre di più. E sempre di più questa storia diventa ingiusta, schifosamente e maledettamente ingiusta. La storia che non ha permesso quella torta piena di candeline, quelle candeline che appunto sarebbero 28.
Un pensiero forte a Federico 28 volte oggi. Un abbraccio speciale a chi oggi ha fatto più fatica ma resta in ogni istante molto forte, proprio come le sue parole.

giovedì 16 luglio 2015

Viola in tutte le lingue del mondo


Dopo le dichiarazioni di Panerai....ora pare si sia in dirittura d'arrivo per l'acquisto di Gilberto.....
Chissà se al prossimo giro toccherà a Rovai o Cateno, o magari si va in ritiro a Borgo a Buggiano....
Secondo me bisognerà pagare la percentuale per i diritti d'autore a Pieraccioni.....

lunedì 13 luglio 2015

Esempi e parole

Kiave di lettura n° 143

Ci sono persone per le quali provi una sorta di stima infinita ed incondizionata, per quello che rappresentano e per quello che dimostrano "sul campo" "GIORNO PER GIORNO" . E per una volta non parlo di un campo da gioco o di un campo dato da un palco musicale e la stima non è per una giocata di classe o per un pezzo musicale da brividi ma parlo di dimostrazione di qualcosa di più grande, di qualcosa per la quale provare infinita stima e motivo di ammirazione.
L'Italia è uno strano paese, di quelli che ogni volta non finisce di meravigliarti, spesso lasciandoti a bocca aperta per quel che riguarda il livello minimo di umanità e buon senso. Così capita che una donna che ha visto uccidere suo figlio da poliziotti fuori controllo (così come sentenziato da un processo lungo, faticoso e tutto vissuto dalla famiglia della vittima a testa alta con dignità e classe a differenza delle cosiddette forze dell'ordine) debba subire anche il contorno ed il prosieguo dell'umiliazione con offese, derisione e stravolgimento della realtà da parte di cosiddetti dirigenti/politici/agenti. Già, perchè alla sentenza di condanna non ha fatto seguito la vera condanna dei condannati bensì quella delle vittime. Così per i condannati ci sono stati applausi in occasioni pubbliche, vere e proprie manifestazioni di solidarietà con contorno di offese alla famiglia e sconvolgimento della realtà stabilita per sentenza. 
Ma va tutto bene, gli agenti continuano ad indossare la divisa, i dirigenti a dirigere ed i politici a svolgere il ruolo che già svolgevano e svolgono da anni infiniti ogni volta con una caduta di stile più pesante. Con quale qualità e quale dignità lascio a voi stabilire. Va così. 
Ed allora capita che a questa situazione paradossale, ponga fine una donna dallo stile ammirevole, dalla dignità infinità e dalla forza morale da portare ad esempio. Patrizia Moretti, con questa lettera, ha di nuovo dimostrato cos'è la dignità a persone che ovviamente non capiranno il senso del suo gesto, troppo presi ad emettere suoni che non lasceranno nessuna traccia nel mondo ideale di Patrizia ma che purtroppo la lasceranno in un Paese molto spesso difficile da comprendere e da sostenere.

Le parole e le espressioni contro Federico, contro me e la nostra famiglia le lascio alla valutazione in coscienza di chi ha avuto il coraggio di dirle. E soprattutto alla valutazione di chi se le ricorda. Io ne conservo solo il disprezzo.
Per me l’onore è un’altra cosa.
L’onore appartiene a chi ha cercato di capire, a chi ha ascoltato la coscienza e a chi ha fatto professionalmente il proprio dovere, a chi ha messo il cuore e l’arte oltre quel muro di gomma costruito attorno all’omicidio di Federico, a tutti coloro che gli dedicano un pensiero, un rimpianto, gli mandano un bacio.
Sono queste le persone che ringrazierò sempre, è grazie a loro che Federico è stato restituito al suo onore di figlio, fratello, amico, ragazzo che voleva vivere, e tornare a casa.

La lettera di Patrizia si conclude così, con un ritiro delle querele per manifesta inferiorità delle persone che anche se condannate non avrebbero capito, ma non con un ritiro (e ne avrebbe tutti i motivi invece...) dall'impegno di cittadina per rendere questo Paese più civile, paese che Patrizia continua a sentire proprio e per il quale ha ancora voglia di combattere.

Bisogna affrontare il problema degli abusi in divisa in modo costruttivo.

Le sento "scrivere", e rivedo la foto di Federico dopo l'aggressione vigliacca e omicida e mi chiedo come faccia. Dopo le offese, le derisioni, la tragedia interna per un figlio che non c'è più. Mi chiedo come riesca a pensare ancora a costruire con ed in un Paese così, dove si annuncia una riforma per punire le violenze carcerarie e le torture per poi rimangiarsela quando l'opportunità ed il vantaggio comunicativo viene meno. In un paese dove chi in divisa uccide viene applaudito e chi si permette di offendere e denigrare una madre che ha visto suo figlio in quelle condizioni all'obitorio ha ancora scrivanie e ruoli di cosiddetto prestigio.
In un paese così, a volte c'è qualcuno di cui andare fieri, di cui ammirare dignità, coraggio e spessore umano e morale. Quel qualcuno ha spesso un nome e cognome ben noto, purtroppo facente parte di una lista non troppo lunga. Quel nome e cognome è quello di Patrizia Moretti, a cui spero possa arrivare l'affetto, la stima e l'abbraccio di chi la considera un vero e proprio esempio.

lunedì 6 luglio 2015

Per il bis romano, NIENTE FUGA

Kiave di lettura n° 142

Serviva tempo per mettere in fila le idee evidentemente, cosa che ormai mi capita di frequente, quello di scrivere di eventi/viaggi/letture dopo un po' che sono "accadute". Il tempo di metabolizzazione evidentemente si allunga con l'andare dell'età, segno della vecchiaia? Del non troppo tempo a disposizione per scrivere? Della penna da blogger un po' senza troppo inchiostro in questo periodo? Chissà.
Sta di fatto che solo con questo caldo "CANE IN QUESTA PALUDE" fiorentina, con Campovolo3.0 che si avvicina e con altri concerti visti/non visti più recenti, mi trovo con l'intenzione di scrivere di un concerto di qualche mese fa.
Era partito in sordina il nuovo appuntamento con il Poeta, con un'organizzazione che sembrava non lasciare spazi di partecipazione almeno inizialmente, ma poi alla fine il bis dell'esperienza ligaromana è arrivato e come da copione è stato un bis di successo.
Sempre difficile in questi casi scindere il concerto dal resto, cioè la trasferta e la compagnia, e soprattutto come dico ormai spesso il rischio di ripetersi è davvero alto; sia per l'ennesimo concerto del Poeta sia per l'ennesima dimostrazione di "validità" di un gruppo affiatato e perfettamente oliato nei suo meccanismi, "così diversi" (cit.) ma "così perfettamente a nostro agio l'uno con l'altro" (cit.) ma soprattutto in gruppo.
foto gentile concessione capitano
Così diventa naturale cercare nel Pantheon il motivo della sua costruzione, di cercare facendo km il caffè più buono della Capitale e dintorni, scambiare venerdì con sabato ed essere tranquilli che "lo sciopero tanto c'è venerdì, a noi che ce frega", andare dello stesso passo anche nel "tunnel dei rumori" meglio ancora se il passo lo dettano dall'estero, cercare il bastoncino del selfie e poi scoprire di avere quello "naturale" in casa, autoprovocarci conoscendo l'esito con "se siamo òmini si entra nel pub a quest'ora", entrare nel triangolo del caffè/ammazzacaffèmedioanzigrande/birraRIbirra diverse volte tanto da farlo diventare un esagono, mangiare una carbonara e pensare a quella dopo, tentare inutilmente di seguire il passo di un capitano improvvisamente bravo nello scatto quanto nel passo, avvicinarsi al Palalottomatica lasciando dietro di sè invece che molliche di pane per ritrovare la strada bottiglie varie per perderla, improvvisare telefonate per camuffare sebach improvvisati seguendo istruzioni balorde, ritrovarsi a contarci e fare la stessa foto per il punto eventuale di ritrovo nel caso ci si potesse perdere, cercare il paninaio migliore e rigorosamente trovare il più "merdoso", commuoversi alla scoperta di aver beccato il pub con la spina della Harp, perdere qualche componente del gruppo per qualche (anche di più...) minuto dopo la faticata di tenere il passo alcolico del capitano in forma splendente o il passo da arrampicata alla vetta del Palalottomatica, impossessarsi di un pub vuoto alle tre di pomeriggio di un tranquillo venerdì romano, non capire il senso di sveglie diverse tra il venerdì ed il sabato che comunque suonano ad orari random e regolarmente svegliano tutti meno che il proprietario del cellulare che suona, apprezzare il jameson a mò di shottino soprattutto negli occhi di chi il whisky non lo può sentire nemmeno nominare, guardare con sentimenti diversi scolaresche in gita e venir tranquillizzati con un "tranquillo, qualche altro anno di pace ce l'hai", trovare decente una colazione dove neanche l'acqua ha il suo sapore, fare un selfie che "nemmeno il manifesto del gaypride", cantare e ricantare il mitico "niente fuga" vera colonna sonora della trasferta.
foto gentile concessione balordo
La cosa più naturale però è quella che accompagna i giorni insieme, quell'essere se stessi mischiandolo con l'essere il se stessi degli altri, come in un gruppo rodato nelle sue differenze e orgoglioso del suo essere così radicato e forte. Forte come quell'abbraccio che arriva sempre al momento giusto, come quella battuta che non manca mai, come quello sguardo misto tra ironia e comprensione. Ed allora davvero il triangolo di persone che ti circondano sembra un esagono tendente a comprendere tutti i vari lati di cui hai bisogno.
Un po' come quando il Poeta capisce che è il momento di regalare anche la colonna sonora ad una trasferta del genere ed inizia con il sale della terra probabilmente a dare con un titolo il senso di quello che provi a spiegare e poi per far pari ti segue con ho perso le parole. In quel momento calano per la prima volta gli occhiali neri sul concerto, oggetto  che sembrerebbe fuoriluogo e fuoricontesto per il buio di un palazzetto ma solo per chi non ha visto un concerto col gruppo a dopo, indicati e perfetti per quelle mani che ti vengono a cercare o che cerchi in quel pezzo e poi più avanti quando il Poeta decide di farsi sentire fondamentali quegli occhiali con la canzone che non posso proprio non vivere diversamente, pensando poi che a questo giro ci si è messo anche il calendario a condirla di altri significati con quel anniversario targato 29 che ti balla davanti a pochi minuti di distanza.
Il concerto ha un'anima rock pesante, tanto che forse non riesce ad essere assorbita completamente neanche dai fonici del palalottomatica visto che in diversi punti qualche suono appare distorto e non totalmente assorbito ed assorbibile dalla realtà del palazzetto. La scaletta lascia sperare per il "pezzo a sorpresa" di vedere finalmente il mago più famoso per i seguaci del Liga, unirsi al gruppo per la gioa particolare di un componente e quindi di tutti noi, appuntamento rimandato visto che a Walter viene preferita Kay.
foto gentile concessione GalgaSan
Per il resto sono sempre i sogni, c'è sempre una canzone, tra palco e realtà ed i grandi classici balliamo sul mondo e urlando contro il cielo rendono l'aria poetica e rock come solo al Poeta riesce e tra un leva e metti degli occhiali si corre via più veloce del solito verso la fine lasciata al con la scusa del rock & roll che ci fa rivedere sullo schermo in pratica ogni concerto fatto dal Poeta negli anni e quindi visto da noi con il commento del capitano "in pratica delle prime immagini molti qui avevano avuto traccia solo su youtube e noi invece ci s'era già all'epoca". Alla fine la "temuta" apparizione del pezzo che in un quasi diciotto aprile avrebbe aperto rubinetti difficilmente richiudibili non si è verificata, quel "per sempre" quindi pensato e usato mentalmente per molti momenti e per molti pensieri del periodo dell'anno meno leggero è rimasto solo dentro o in abbracci condivisi nei momenti giusti.
Tornando al commento tecnico del concerto, il voto comunque positivo risente della durata "stretta", due ore precise, di una scaletta con alcuni vuoti importanti e di un'acustica non sempre inappuntabile e quindi nell'Olimpo dei concerti del Liga questo proprio non può entrare. Difficile quindi bilanciare il naturale voto che mi viene spontaneo ai suoi concerti con le pecche che cercando di essere obiettivi uno vede, diciamo da applausi ma non da ovazione, come invece era stata la nostra precedente esperienza romana.
Ovviamente discorso legato solo al concerto in sè perchè la spedizione in generale porta ad un "niente fuga" che fotografa al meglio qualcosa di difficilmente spiegabile con discorsi più lunghi o complessi.
La solita trasferta con un marchio DOCG sulla schiena, di quelle che puoi dire prima che andrà così e sai dopo che si ripeterà; con frasi diverse, tormentoni modificati, anni che passano e luoghi che si trasformano ma le emozioni che contano restano immutate dentro ed in quegli abbracci con occhiali scuri. 
Grazie Poeta......ma soprattutto Grazie Balordi.

mercoledì 1 luglio 2015

Di nuovo un cronista....

Kiave di lettura n° 141

Ci sono dei momenti in cui ti trovi a dire "EPPURE CE LE AVEVO QUA UN ATTIMO FA" riferendoti alle parole ed alle idee per buttare giù un post o qualcosa di simile, ma nonostante tu sappia che sono "vicine" non le trovi proprio e/o non trovi il momento giusto di buttarle giù.
Così in aiuto della scrittura arriva la lettura ed in questo caso per meglio un aiuto incrociato della lettura....con la tua scrittura "di un tempo". Intrecciato lo so, ma se non mi incarto con i discorsi non sono io. Provo a chiarirlo.
Mi sono andato a riprendere vecchi post e vecchie abitudini del blog, per prendere spunto e per il fatto che ogni tanto mi piace anche "rileggermi", ed ho trovato la soluzione al ritardo della kiave di lettura di questa settimana, che da precisino mi infastidiva notevolmente.
Così, nello specifico, mi va di postare nuovamente, l'inizio di quelle scritture settimanali, non tanto per l'apprezzamento della mia scrittura ma soprattutto per l'argomento del post e la dedica relativa.
Buona lettura, anzi buona ri-lettura....

CRONISTA
dedicato al coraggio di Roberto Saviano
Il significato di quella frase "stai attento" sussurrata nel pieno della notte lasciava pochi dubbi, era ben chiaro l'intento intimidatorio della voce lontana ma decisa che passava attraverso il filo del telefono.
Altrettanto chiaro era a cosa quella minaccia facesse riferimento, il suo impegno ed i suoi articoli non erano andati per niente giù al clan della zona che non avevano tardato a farsi sentire.
Il buio della notte era ancora alto ma il sonno sembrava scomparso. Il suono metallico del vecchio telefono di casa che lo aveva svegliato e quelle due semplici parole lo avevano talmente scosso da non poter riuscire più a prendere sonno. Tanti pensieri si riunivano nella sua testa, tante immagini che facevano capolino: da Serena compagna di vita da sempre che era riuscito a tranquillizzare al momento della telefonata con un semplice "avevano sbagliato" ai suoi anziani genitori tanto orgogliosi di lui e del suo lavoro di CRONISTA nel giornale locale.
Inutile negarlo, l'obiettivo di spaventarlo era stato raggiunto. La paura era arrivata tutta insieme, paura per le  minacce che aveva già ricevuto al giornale ma soprattutto per il fatto che stavano aumentando di livello arrivando anche a svegliarlo in piena notte al telefono di casa, facendogli capire che anche il suo indirizzo non era così misterioso.
La voglia di mollare tutto ed occuparsi dal giorno dopo di sport o di gossip faceva da compagna di "pensiero" alla paura e riusciva in qualche modo ad offrire una via di fuga immediata portando con sé la solita mezz'ora di tranquillità apparente al pensiero di mollare il suo giornalismo di denuncia.
Ma era solo una fuga virtuale e di breve durata. Come sempre il suo cervello ben presto aveva smesso di pensare al lato personale della vicenda e si era indirizzato sul clan e sull'ultimo suo articolo. Su quella vita spezzata a 17 anni solo perchè fidanzata con il figlio del boss della famiglia "sbagliata". Quel lenzuolo bianco a coprire i suoi sogni e le sue speranze e "CON TUTTO IL SANGUE ANDATO A MALE" a fare da orribile contorno.
Ed ebbe l'ennesima conferma che anche per quei 17 anni rubati dalla stessa mano che aveva composto il suo numero di telefono, il gossip e lo sport avrebbero potuto attendere.