Serviva tempo per mettere in fila le idee evidentemente, cosa che ormai mi capita di frequente, quello di scrivere di eventi/viaggi/letture dopo un po' che sono "accadute". Il tempo di metabolizzazione evidentemente si allunga con l'andare dell'età, segno della vecchiaia? Del non troppo tempo a disposizione per scrivere? Della penna da blogger un po' senza troppo inchiostro in questo periodo? Chissà.
Sta di fatto che solo con questo caldo
"CANE IN QUESTA PALUDE" fiorentina, con Campovolo3.0 che si avvicina e con altri concerti
visti/non visti più recenti, mi trovo con l'intenzione di scrivere di un concerto di qualche mese fa.
Era partito in sordina il nuovo appuntamento con il
Poeta, con un'organizzazione che sembrava non lasciare spazi di partecipazione almeno inizialmente, ma poi alla fine il bis dell'
esperienza ligaromana è arrivato e come da copione è stato un bis di successo.
Sempre difficile in questi casi scindere il concerto dal resto, cioè la trasferta e la compagnia, e soprattutto come dico ormai spesso il rischio di ripetersi è davvero alto; sia per l'ennesimo concerto del
Poeta sia per l'ennesima dimostrazione di
"validità" di un gruppo affiatato e perfettamente oliato nei suo meccanismi,
"così diversi" (
cit.) ma
"così perfettamente a nostro agio l'uno con l'altro" (
cit.) ma soprattutto in gruppo.
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foto gentile concessione capitano |
Così diventa naturale cercare nel
Pantheon il motivo della sua costruzione, di cercare facendo km il
caffè più buono della Capitale e dintorni, scambiare venerdì con sabato ed essere tranquilli che
"lo sciopero tanto c'è venerdì, a noi che ce frega", andare dello stesso passo anche nel
"tunnel dei rumori" meglio ancora se il passo lo dettano dall'estero, cercare il bastoncino del selfie e poi scoprire di avere quello
"naturale" in casa, autoprovocarci conoscendo l'esito con
"se siamo òmini si entra nel pub a quest'ora", entrare nel triangolo del
caffè/ammazzacaffèmedioanzigrande/birraRIbirra diverse volte tanto da farlo diventare un esagono, mangiare una carbonara e pensare a quella dopo, tentare inutilmente di seguire il passo di un
capitano improvvisamente bravo nello scatto quanto nel passo, avvicinarsi al
Palalottomatica lasciando dietro di sè invece che molliche di pane per ritrovare la strada bottiglie varie per perderla, improvvisare telefonate per camuffare
sebach improvvisati seguendo istruzioni balorde, ritrovarsi a contarci e fare la stessa foto per il punto eventuale di ritrovo nel caso ci si potesse perdere, cercare il
paninaio migliore e rigorosamente trovare il più
"merdoso", commuoversi alla scoperta di aver beccato il pub con la spina della
Harp, perdere qualche componente del gruppo per qualche (anche di più...) minuto dopo la faticata
di tenere il passo alcolico del capitano in forma splendente o il passo da arrampicata alla vetta del
Palalottomatica, impossessarsi di un
pub vuoto alle tre di pomeriggio di un tranquillo venerdì romano, non capire il senso di sveglie diverse tra il venerdì ed il sabato che comunque suonano ad orari random e regolarmente svegliano tutti meno che il proprietario del cellulare che suona, apprezzare il jameson a mò di shottino soprattutto negli occhi di chi il whisky non lo può sentire nemmeno nominare, guardare con sentimenti diversi scolaresche in gita e venir tranquillizzati con un
"tranquillo, qualche altro anno di pace ce l'hai", trovare decente una colazione dove neanche l'acqua ha il suo sapore, fare un selfie che
"nemmeno il manifesto del gaypride", cantare e ricantare il mitico
"niente fuga" vera colonna sonora della trasferta.
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foto gentile concessione balordo |
La cosa più naturale però è quella che accompagna i giorni insieme, quell'essere se stessi mischiandolo con l'essere il se stessi degli altri, come in un gruppo rodato nelle sue differenze e orgoglioso del suo essere così radicato e forte.
Forte come quell'abbraccio che arriva sempre al momento giusto, come quella battuta che non manca mai, come quello sguardo misto tra ironia e comprensione. Ed allora davvero il triangolo di persone che ti circondano sembra un esagono tendente a comprendere tutti i vari lati di cui hai bisogno.
Un po' come quando il
Poeta capisce che è il momento di regalare anche la colonna sonora ad una trasferta del genere ed inizia con
il sale della terra probabilmente a dare con un titolo il senso di quello che provi a spiegare e poi per far pari ti segue con
ho perso le parole. In quel momento calano per la prima volta gli occhiali neri sul concerto, oggetto che sembrerebbe fuoriluogo e fuoricontesto per il buio di un palazzetto ma solo per chi non ha visto un concerto col
gruppo a dopo, indicati e perfetti per quelle mani che ti vengono a cercare o che cerchi in quel pezzo e poi più avanti quando il
Poeta decide di farsi sentire fondamentali quegli occhiali con la canzone che non posso proprio non vivere diversamente, pensando poi che a questo giro ci si è messo anche il calendario a condirla di altri significati con
quel anniversario targato 29 che ti balla davanti a pochi minuti di distanza.
Il concerto ha
un'anima rock pesante, tanto che forse non riesce ad essere assorbita completamente neanche dai fonici del
palalottomatica visto che in diversi punti qualche suono appare distorto e non totalmente assorbito ed assorbibile dalla realtà del palazzetto. La scaletta lascia sperare per il
"pezzo a sorpresa" di vedere finalmente
il mago più famoso per i seguaci del
Liga, unirsi al gruppo per la gioa particolare di un componente e quindi di tutti noi, appuntamento rimandato visto che a
Walter viene preferita
Kay.
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foto gentile concessione GalgaSan |
Per il resto sono
sempre i sogni, c'è sempre una canzone, tra palco e realtà ed i grandi classici
balliamo sul mondo e urlando contro il cielo rendono l'aria poetica e rock come solo al
Poeta riesce e tra un leva e metti degli occhiali si corre via più veloce del solito verso la fine lasciata al
con la scusa del rock & roll che ci fa rivedere sullo schermo in pratica ogni concerto fatto dal
Poeta negli anni e quindi visto da noi con il commento del
capitano "in pratica delle prime immagini molti qui avevano avuto traccia solo su youtube e noi invece ci s'era già all'epoca". Alla fine la
"temuta" apparizione del pezzo che in
un quasi diciotto aprile avrebbe aperto rubinetti difficilmente richiudibili non si è verificata, quel
"per sempre" quindi pensato e usato mentalmente per molti momenti e per molti pensieri del periodo dell'anno meno leggero è rimasto solo dentro o in abbracci condivisi nei momenti giusti.
Tornando al
commento tecnico del concerto, il
voto comunque positivo risente della
durata "stretta", due ore precise, di una scaletta con alcuni vuoti importanti e di un'acustica non sempre inappuntabile e quindi nell'
Olimpo dei concerti del
Liga questo proprio non può entrare. Difficile quindi bilanciare il naturale voto che mi viene spontaneo ai suoi concerti con le pecche che cercando di essere obiettivi uno vede, diciamo
da applausi ma non da ovazione, come invece era stata la nostra
precedente esperienza romana.
Ovviamente discorso legato solo al concerto in sè perchè la spedizione in generale porta ad un
"niente fuga" che fotografa al meglio qualcosa di difficilmente spiegabile con discorsi più lunghi o complessi.
La solita trasferta con un
marchio DOCG sulla schiena, di quelle che puoi dire prima che andrà così e sai dopo che si ripeterà; con frasi diverse, tormentoni modificati, anni che passano e luoghi che si trasformano ma le emozioni che contano restano immutate dentro ed in quegli abbracci con occhiali scuri.
Grazie Poeta......ma soprattutto Grazie Balordi.