"Commossi per Commisso".
In questo momento la Firenze viola "non ha occhi che" per il nuovo proprietario del giocattolino più amato dalla città.
"GLI OCCHI FANNO QUEL CHE DEVONO", visto che non poteva che essere così. Così come non poteva che terminare qui l'esperienza dei Della Valle (per molti anche troppo in ritardo).
Il buon Rocco Commisso, ben imbeccato, si è presentato ieri con la sciarpetta al collo, magnificando Firenze, sviolinando sui marchi indelebili della storia viola (Hamrin, Antognoni, Batistuta) e cercando un orgoglioso profilo ("non sono qui per svendere") senza voli pindarici ("promettere meno ma realizzare di più").
Certamente arriva al momento giusto. In un momento in cui per la
Firenze calcistica era impensabile ripartire per la costruzione di una nuova stagione (o addirittura ciclo) con una
società/proprietà con la quale esisteva ormai una frattura netta ed insanabile. Pur non essendo stato mai troppo
antidellavalliano era ormai inevitabile la cessione. Difficile fare un bilancio di questi anni. I primi dieci anni di alti e bassi ho provati a descriverli con gli occhi del tifoso in
"Una passione da dieci". Storia che più o meno cominciava così.
Dopo aver trattenuto il fiato a lungo temendo il peggio, cioè scomparire per
sempre dalla “mappa calcistica”, Firenze cominciò a respirare di nuovo. La felicità
per il possibile rilancio e la possibile ricostruzione di quello splendido
giocattolo viola era innegabile e condivisa da tutti gli amanti della Fiorentina,
ma come sempre accade nella città dove ci si divide su tutto, non erano tutte
rose e fiori. Nonostante il “buon nome” della famiglia i dubbi che accompagnavano l’operazione esistevano ed erano legati al fatto che diventavano proprietari della
squadra due fratelli che con Firenze non avevano niente a che fare. Questo,
se da un lato veniva visto come una svolta positiva rispetto alla precedente
proprietà che aveva visto un tifoso rovinarsi anche per colpa della Fiorentina,
dall’altro lasciava alcuni dubbi per il reale interesse della famiglia nel rilevare
la società. A questo si aggiungeva anche il fatto che il nome dei Della Valle non
era mai stato avvicinato alla squadra quando si poteva tentare di salvarla dal
crac di Cecchi Gori, ma soltanto dopo il fallimento i due fratelli erano usciti allo
scoperto, rilevando e ottenendo una società praticamente a zero euro. Certo,
l’impegno finanziario in prospettiva era importante e sostanzioso, ma al momento
iniziale l’esborso era pari a zero e il timore era quello che l’investimento
finanziario fosse l’unico reale interesse della famiglia.
I timori erano incentrati sulle sole motivazioni “economiche” dell’operazione:
rilevare una squadra dalla storia importante come la Fiorentina, che anche in
serie minori avrebbe avuto le luci puntate addosso per la sua vicenda e per il
suo passato, per farsi ulteriore pubblicità; creare buoni rapporti con le istituzioni
fiorentine per eventuali futuri affari; farsi conoscere sui palcoscenici
mondani che comunque il calcio italiano poteva garantire essendo lo sport
più seguito e una delle industrie più redditizie del panorama italiano. I timori
c’erano ed erano acuiti e rafforzati dalla recentissima ferita ancora viva e dolorosa
del fallimento e da quello spirito fiorentino di orgoglio e fierezza che
comunque era messo in difficoltà dal fatto che per salvare un “bene di famiglia”
come da tutti era ed è considerato la Fiorentina, arrivassero degli industriali
marchigiani che fino ad allora mai erano stati visti a Firenze.
Alla felicità di poter di nuovo veder giocare la Fiorentina si affiancavano questi
dubbi e questi timori che accompagnavano buona parte dei fiorentini, alcuni
più manifestamente altri un po’ meno. Ma in quel momento il bene primario
da tutelare era la “rinascita” della squadra, lo spirito comune di tutti per cercare
di lasciarsi alle spalle quella brutta esperienza del fallimento e risalire alla
svelta. Il tempo avrebbe detto se i timori verso i Della Valle si sarebbero rivelati
corretti oppure no. In quel momento però c’era una cosa più importante da
realizzare tutti insieme: una lunga marcia.
Il romanzo della risalita dalla C2 fino alla Champions ha "tenuto" fin quando interesse, voglia ed investimenti sono stati percepiti come evidenti. Fin quando cioè quella lunga marcia è stata vista come "comune". Poi piano piano il rapporto è andato sfilacciandosi, prima lentamente e poi inesorabilmente. La famiglia Della Valle si è allontanata quasi abbandonando il terreno e squadra/società/tifoseria hanno accusato il colpo. Sono cominciate le frizioni prima e le contestazioni poi che hanno inesorabilmente portato ad una lunga discesa, alla fine della quale (e di un triennio fatto di zero programmazione, mercato, idee) si è arrivati anche a rischiare la Serie B. Da parte della proprietà si è mantenuto sempre e soltanto viva l'attenzione a non mettere a rischio il bilancio.
Ecco, questo onestamente dobbiamo riconoscerlo ai Della Valle. All'atto del precedente cambio di proprietà mancavano anche i palloni e la squadra non si sapeva dove avrebbe giocato: fra Dilettanti e C2 ma sicuramente lontano dai campi che le competevano da sempre. Adesso la squadra è svuotata sì di molte cose, ma con "i conti in ordine", in Serie A e con una squadra "media" che vanta un possibile futuro campione.
Ed allora, con il rammarico di essere arrivati solo vicino a qualcosa di importante (due semifinali di Europa League, ottavi di finale di Champions, due finali di Coppa Italia perse, alcune singole partite che passeranno alla storia come il 4-2 alla #juvemerda o la vittoria di Anfield) salutiamo i Della Valle e diamo il benvenuto a Commisso, senza esaltazioni e senza proclami (seguendo il suo motto) ma contenti perché era davvero diventato inevitabile e necessario. Grazie per l'aria fresca e il piccolo/grande entusiasmo che ha (ri)portato; si ricomincia finalmente a programmare stagioni calcistiche invece che pensare a comunicati e contestazioni. Vedremo ovviamente quale sarà la qualità, ma senza contestazioni e fratture....almeno per un po'..... ; - )