Da sempre alla fine del mese di novembre inizia la rincorsa al mese successivo ed alle feste di Natale e di fine anno. Un periodo in cui ti senti
"DENTRO L'HAPPY HOUR" e dove per tutti quelli che ti circondano i regali, i saluti, le cene e gli auguri sono la priorità e non possono proprio mancare.
La situazione mondiale di quest'anno lasciava intendere che qualcosa di diverso ci potesse essere, visto l'anno diciamo "particolare" trascorso. Ed invece, almeno in Italia, niente. In giro è tutto un rincorrersi di pareri, richieste di aperture, necessità di deroghe e proteste contro le possibili limitazioni. Ed allora che "febbre natalizia" sia.
Al netto delle giuste preoccupazioni economiche di chi già in difficoltà da mesi sperava e spera di recuperare qualcosa con il periodo di acquisti natalizi, sul resto si è scatenato il solito tam-tam che fa cadere le braccia e non solo quelle.
"Il Natale non si può festeggiare da soli" "la messa di Natale non può essere anticipata" "il cenone non può essere limitato ai parenti di primo grado" "lo shopping non può essere oggetto di coprifuoco" "ai credenti non si può vietare di festeggiare il Natale come sempre accaduto".
Queste alcune delle frasi che ormai rimbalzano prepotenti. Spesso con portavoce di un certo spessore, da rintracciare frequentemente nei soliti "politici" (sigh...) che per cavalcare l'onda emozionale dello stomaco del paese sarebbero in grado di presentare interrogazioni parlamentari sulla necessaria priorità del panettone rispetto al pandoro oggi e viceversa domani in base alla regione in quel giorno di moda. Paladini dei diritti di festeggiamenti e cristianità così come erano paladini quest'estate della riapertura delle discoteche e del cristianissimo principio dell'allontanamento dei barconi degli immigrati che portavano il covid quando in Italia ormai non c'era più. Così tanto scomparso, il virus, da autorizzarli a fare manifestazioni ed assembramenti rigorosamente non rispettando distanze e precauzioni come le mascherine. Scattata di nuovo l'emergenza, gli stessi promulgatori del "la seconda ondata non ci sarà, perché prorogare l'emergenza?" son diventati i primi ad additare chi stava decidendo, colpevole in quel momento di far troppo poco per impedire i contagi. Adesso di nuovo la necessità di "aprire e dare libertà".
In questo caso libertà di festeggiare in famiglia e con le ritualità consuete. Punto politico imprescindibile. Punto di principio per un Paese che conta ottocento morti ogni ventiquattro ore ma che, secondo la loro analisi, ha evidentemente altre preoccupazioni. Quella di chiedersi se il "servito da dodici" potrà essere o meno sfoggiato nella sua totalità il giorno di Natale così come quella di sapere se la messa di mezzanotte potrà non essere violentata "facendo nascere Gesù Bambino due o tre ore prima". Ecco. In un paese che dovrebbe essere laico tutto ciò farebbe sorridere, se solo fosse il periodo adatto per farlo. In un momento del genere, dopo gli ultimi nove mesi vissuti tra chiusure, crisi, vite interrotte e stravolte, certe considerazioni e "battaglie" fanno rotolare (cadere è troppo poco) non le braccia ma qualcosa di più tondo ed allocato un po' più in basso.
Da cittadino ateo di uno stato laico credo che certi cristiani dovrebbero smettere di dichiararsi tali e cominciare ad esserlo davvero. Credo anche che chi racconta le preoccupazioni di questo Paese dovrebbe ripassarsi nell'ordine: i mesi trascorsi da marzo ad oggi ed a ruota gli articoli 7 e 8 della Costituzione, magari insieme a chi questo Paese lo governa o aspira a farlo.