#KdL - KIAVE di LETTURA n° 589 |
"Definirsi in un certo modo in certi giorni è facile e rischia di essere ipocrita". Questa frase mi è rimasta in testa da ieri l'altro quando l'ho sentita pronunciare dal Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini che rispondeva alla domanda "lei è antifascista?". Sicuramente perché per una rarissima volta mi sembrava che dicesse una cosa che in qualche modo condividevo e poi perché pensavo a quanto questa domanda fosse attuale gli altri 364 giorni dell'anno rispetto al venticinque aprile.
Uno dei più noti costituzionalisti, Piero Calamandrei, diceva che la Costituzione "perché si muova bisogna ogni giorno, in questa macchina, rimetterci dentro l'impegno, lo spirito, la volontà di mantenere quelle promesse, la propria responsabilità" e mi chiedo quanto venga fatto ogni giorno sull'argomento "antifascismo".
Ora, accantoniamo per un attimo che a puntare il dito sull'ipocrisia sia il leader di un partito che in molte azioni e politiche fa esattamente da sponda a concetti di cui il fascismo si cibava (vedi posizioni sull'immigrazione o come esempio recente la candidatura di un tipo come Vannacci) e quindi l'ipocrisia è proprio perfetta compagnia del suo viaggio. Ma in generale, noi, quanto davvero siamo certi che "IN LIBERA SCELTA" davvero ogni giorno riusciamo a far sentire la nostra voce in tal senso?
E' bello vedere le esaltazioni collettive che si guadagna Mattarella nel suo discorso sull'importanza del Venticinque Aprile, ma quanti di noi si indignano davvero quando la seconda carica dello stato la riduce ad evento obbligatorio a cui partecipare e durante tutto l'anno rivendica con orgoglio il suo passato totalmente in contrasto con la giornata? Riempie i cuori vedere il movimento a sostegno di Antonio Scurati della settimana scorsa, ma siamo stati davvero capaci di fare la stessa cosa con, ad esempio, Roberto Saviano ed il suo subire costantemente un boicottaggio mirato? E' bellissimo ascoltare i racconti dei partigiani o più in generale degli antifascisti nel giorno della Liberazione ma quanto davvero "combattiamo" l'idea che il presidente del consiglio faccia del non dichiararsi antifascista uno degli elementi del suo dna? Quanto davvero ci siamo impegnati per opporci al fatto che a personaggi come i suddetti sia stato concesso la via di fuga del termine "afascista" per uscirne in un modo quasi accettabile da quanto professato? Perché in questo caso non si può continuare a chiedere a qualcuno che si dichiari antifascista quando non vuole farlo, ma nemmeno accettare che gli venga concessa una via di fuga a quanto sostanzialmente afferma con il suo silenzio.
Già, perché non è complicato. Come dice il professor Barbero non è affatto difficile. Tanto meno per chi vive in un paese che per vent'anni ha vissuto sulla propria pelle le prove concrete di cosa voglia dire il fascismo. Quindi la scelta è netta: "o si è fascisti o si è antifascisti" e questo bisognerebbe avere il coraggio di ribadirlo, sempre. Quindi chi "non se la sente" di dichiararsi antifascista - o non lo dimostra nelle sue azioni - è bene che ogni volta venga considerato e definito come ha scelto di essere: fascista. Credo gli sia dovuto. E credo che si obbligatorio in nome della Liberazione, della Costituzione e di quanto ogni anno il venticinque aprile (quasi magicamente) riscopriamo esser stato fatto per riportarci la libertà e la democrazia. Altrimenti avrà ragione Salvini (sigh..) ed anche tutti i festeggiamenti di giovedì scorso saranno stati solo "ipocrisia".
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