D'altronde questo (lungo) periodo sembra proprio essere così. Dalle più grandi preoccupazioni alle calamità, dai tristi numeri di decessi e malati alle privazioni di contatti e percorsi comuni con le persone che vorremmo vedere ed abbracciare. Aggiungendo le crisi economiche e sociali. Ma anche riducendo lo scenario da globale a specifico, "l'allegria" non manca. Basti pensare a queste tristi ultime settimane in cui due giganti come Proietti e Maradona ci hanno salutato. Questo 2020 sembra giochi a non farci mancare proprio niente. Passerà no?
Accanto a continue "novità" tutte di uno stesso segno, continua qualcosa che in altro modo non si può definire se non come una tragica costante. Da ondata ad ondata quello che sembra minimamente non mutare mai è il drammatico destino di una parte di popolazione, così come la gretta cecità di chi lo commenta. Mi riferisco al dolorosissimo percorso che la parte più fragile della nostra popolazione ha intrapreso a marzo e sta continuando purtroppo a seguire. Un numero di anziani che purtroppo non ce l'ha fatta che fa dolore e paura. I biechi commenti che fanno orrore e vergogna.
"Ma erano anziani, avevano XX anni". "Ma avevano altre malattie". "Ma non erano produttivi".
Certo. Fattori innegabili. Età, altre malattie, non lavoratori. Quindi? Perché non sparargli direttamente appena giunti all'età pensionabile? Perché non buttarli dalla Rupe Tarpea al primo segno di cedimento? Perché non fissare un'età alla quale stabilire una sorta di eutanasia anagrafica?
Le RSA sono diventati ormai sinonimi di corsie di emergenza, di abbandono degli affetti, di conto alla rovescia per qualcosa di tragico. Si sperava che dopo la prima ondata qualcosa potesse essere stato appreso ed invece sembra che tragicamente si sia fatto tesoro di quella esperienza in modo troppo superficiale. Di nuovo focolai, di nuovo numeri clamorosamente tragici, di nuovo vite finite nella solitudine degli affetti, di nuovo osceni comportamenti nei confronti di chi soffre direttamente o indirettamente. Ma quello che aggiunge beffa ad un danno davvero tragico sono appunto i commenti riportati sopra. A far scempio di una situazione già clamorosamente drammatica. Come se l'età fosse un merito o un demerito. Mi viene in mente il commento che Paola Borboni fece ad una critica di Renato Rascel sulla sua età "io sono stata giovane e bella tu alto mai". Ecco. Parafrasando, mi verrebbe da dire agli autori di certi commenti che le persone che ci hanno lasciato sono state giovani e produttive mentre chi dà fiato alla bocca con queste frasi l'intelligenza ed il rispetto non ha mai avuto l'onore di conoscerle.
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