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#KdL - KIAVE DI LETTURA n° 648 |
Era stata annunciata come la notte di "Certe Notti" per il suo trentennale e come da prevedibile commento queste "NOTTI SON PROPRIO QUEL VIZIO CHE NON VOGLIO SMETTERE MAI". Il
Il quinto Campovolo arrivava dopo due anni in cui un tour nei teatri (clicca qui) aveva seguito una doppia data negli stadi più significativi (clicca qui) e come ogni volta era circondato da tante aspettative e punti di domanda. Alla fine infatti sono sempre centomila persone (più o meno) che affollano uno spazio infinito in attesa di un concerto di un cantante che suona e canta da oltre trent'anni, che già si è esibito in una realtà del genere più volte e che per di più questa volta non aveva neanche un album nuovo come elemento di possibile novità. Verrebbe da chiedersi, che ci sarà in più?
Domanda che di solito per me ha una sola risposta: "è LIGA" ed infatti il mio elenco di incontri con lui (clicca qui) aumenta numericamente senza interruzioni. Organizzarsi per non rimanerne impigliati nei normali intoppi da mega evento è ormai un lavoro che grazie anche alla compagnia collaudata e speciale non temo particolarmente. Nonostante questo le grandi folle ed i concerti oceanici non sono esattamente la mia tipologia di concerto preferita ma vedere uno spazio enorme così allestito, partecipato, vissuto, pieno di spazi ed idee non può che catturare le migliori sensazioni. Il più come sempre lo doveva fare il concerto, ovviamente. Ed è stato davvero uno spettacolo. Un evento. Una data speciale.
Le diverse band e Liga carichi come nelle giornate migliori, una scaletta (clicca qui) quasi perfetta. Tracce che danno un colpo di novità anche se presenti in passati concerti (I duri hanno due cuori e Questa è la mia vita) altre che da tanti anni non si ascoltavano dal vivo (Figlio d'un cane, Seduto in riva al fosso, Buon compleanno Elvis) e che sono state il perfetto modo per movimentare il concerto, romanticizzarlo e festeggiarlo. Menzione a parte per Cosa vuoi che sia, anche questa non ascoltata da un tempo infinito, che per come è stata presentata e rappresentata è stata un vero e proprio cazzotto allo stomaco. Ma non è stata la sola. Veder Liga sedersi su una panchina rossa e praticamente in acustico cantare Lettera a G è stato qualcosa di speciale e toccante: probabilmente il momento più intenso della serata (consiglio: cercatela). Un salto nel passato gli spezzoni dei precedenti eventi a Campovolo per lanciare ed accompagnare Il giorno dei giorni ed Hai un momento Dio? quest'ultima davvero speciale per tanti e tanti motivi. Il significato immutato e migliorato "un po' di più" ascolto dopo ascolto di Le donne lo sanno ha colorato un percorso tenuto su (con un po' meno partecipazione personale ma molta intensità) da Viva e Quella che non sei. Un tir in movimento con un palco "viaggiante" per cantare Si viene e si va ed Il meglio deve ancora venire la trovata che ha catturato occhio e non solo, come l'esibizione spettacolare di Paola Caruso (danzatrice in aria) su Piccola stella senza cielo. I fuochi di artificio finali con Urlando contro il cielo e Certe notti hanno aperto a quelli veri e propri che hanno illuminato il cielo di Reggio Emilia battendo sul tempo e non solo il temporale che ha dovuto attendere.
Una trentina di pezzi non inediti ma con un impatto nuovo. Sembravano quasi suonare diversi per la pulizia degli arrangiamenti e/o per un modo diverso di ascoltarli, emergevano ancora più chiare parole, significati e frasi un po' nascoste. Forse aspettare l'inizio del concerto continuando a guardare l'orologio con gli occhi a cuore in attesa della mia trentaseiesima tappa di questo tour con Liga ha portato fortuna perché dall'inizio alla fine ogni pezzo ha avuto un'intensità speciale ed un significato molto più amplificato rispetto a quello che ogni canzone aveva già detto fino ad allora. Sorprendendo o ricordando.
Lo so, sono un giudice non oggettivo: lo riconosco. Quando però è capitato ho saputo anche dire "concerto che è valso la pena (solo) perché Liga è Liga". A questo giro no, a questo giro non serve la mia fissazione soggettiva per definirlo un gran concerto: quasi tre ore alla fine volate via con un continuo senso di essere davvero davanti ad una "data" speciale.
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