#KdL - KIAVE di LETTURA n° 542 |
Non si possono trovare parole adeguate per descrivere o raccontare il dramma della vicenda di Giulia Tramontano. Non credo che ne esistano talmente forti ed esplicative. E non c'è, a dire il vero, neanche questo clamoroso bisogno di cercarne. Sarebbero ripetute considerazioni che poi sarebbero da buttare via perché inutili e come in milioni di altro casi avrebbero una temporaneità minima, pari più o meno ai momenti di interesse generale. Perché ogni volta è così e quelle che sembrano e sono tragedie, in un alito di vento vengono accantonate.
La storia drammatica di Giulia è la consueta vicenda che purtroppo ormai è nota in ogni dettaglio. Con il carnefice che, come spesso accade, ha provato ad allestire un programma per diventare vittima in lacrime per l'abbandono di chi lui stesso aveva già purtroppo condannato alla morte. La storia ovviamente "FA DIFETTO COME IL RUBINETTO" sin da subito e chi ha vissuto un po' i percorsi delle altre storie purtroppo già accadute non ha avuto dubbi. Questa volta come mille altre prima. #losapevamotutte è un hashtag che è circolato immediatamente dopo il momento in cui la verità è emersa nei suoi dettagli. Nessuno aveva creduto nemmeno per un attimo alla versione del fidanzato ed alla sparizione volontaria di Giulia. E purtroppo l'evidenza di tutti è diventata anche triste e dolorosa realtà "ufficiale".
Non ci sono parole. Lo dicevo prima. Non possono esserci. Come ogni volta. Come in modo costante tutto l’anno. Questa storia sembra aver colpito più di altre. Forse perché Giulia aspettava un figlio ed era al settimo mese, forse per la messa in scena dell'assassino, forse per l'attesa dopo la scomparsa. La domanda è per quanto rimarrà così impressa prima di diventare "semplicemente" una dei 46 nomi (ad oggi) delle donne uccise da inizio anno. O delle 38 vittime (sempre ad oggi) in ambito familiare o comunque affettivo. Ripeto, aggiornato ai primi cinque mesi del 2023. Praticamente una ogni tre giorni.
Numeri che altro non fanno che aumentare il senso di impotenza e di mancanza di parole a disposizione. E quelle che continuano a circolare non fanno che farti scuotere amaramente la testa. Perché sai che resteranno tali e che in molte occasioni punteranno (in modo indiretto) il dito su Giulia: doveva denunciare, doveva non accettare, doveva capirlo, doveva parlarne, doveva lasciarlo, dovevamo insegnarle a difendersi. Mai che si parta da un principio abbastanza facile: se tutti sapevano e sapevamo che quando è sparita dietro ci potevano essere solo cose tragiche, cosa vorrà mai dire? Mai che si parta dando in modo diretto ed indiretto le responsabilità a chi è il colpevole senza cominciare con i "doveva" nei confronti della vittima. Mai che si parta dall'impegno di cominciare a modificare la cultura e la testa degli uomini in generale perché, ci piaccia o meno, da questi continuano a scaturire le vittime.
Giulia, incinta al settimo mese, è stata uccisa dal compagno. Di nuovo lasciando senza parole. Quando invece dovremmo usarne e molte. E bene. E passare finalmente ai fatti. Senza aspettare la prossima Giulia, di nuovo. Senza muovere un dito e poi piangerla fintamente e mettendola nell'elenco numerato di cui sopra.
Per Giulia. Proviamo a far qualcosa per diventare umani.
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