Kiave di lettura n° 240 |
38 anni. Questa l'età di Erika Pioletti. Erika era una tifosa juventina e qualche settimana fa era a vedere la finale della sua squadra del cuore in piazza. Un po' come in una curva di uno stadio, un po' come in un grande salotto con amici. La vicenda di Piazza San Carlo è così assurda, crudele e paradossale che il nuovo capitolo scritto ieri, continua a mantenere in chi la osserva da fuori sconvolgimento e sdegno misto ad un senso di schifo e rabbia che non riesce a trovare una spiegazione che sia una, nemmeno minima. "METTI INSIEME UN" tentativo di lucidità ma non ci riesci. Era lì a vedere la sua squadra, come mille volte hai fatto te. Era lì a tifare per la vittoria della coppa, come te eri a casa a sperare di veder festeggiare invece Ronaldo e soci. E poi si è spenta la luce a quella festa. Una bravata? Una fatalità? Una gestione sbagliata? Non è l'analisi dei fatti che interessa in questo momento. E' vedere quelle immagini, pensare ad Erika (e non solo lei) ed a cosa deve aver provato in quegli istanti, lei ed i suoi "colleghi di tifo" in quella piazza diventata impazzita non per un gol ma per qualcosa di incomprensibile. Non interessa ora trovare il responsabile. E' leggere quel referto "arresto cardiaco da compressione toracica". La procura farà le sue indagini, ci saranno (forse) dei colpevoli, delle sentenze, delle decisioni. Poco conta adesso, se non giustamente dare la giusta risposta alla famiglia. Ma niente riuscirà a dare una spiegazione. Ad Erika. A tutti quelli che nella sua storia un po' si sono riconosciuti per aver frequentato stadi o piazze piene e festanti o manifestanti, o banalmente hanno solo provato dolore sordo da impotenza totale nel vedere i filmati il giorno dopo o nel leggere alcune storie. E la loro triste evoluzione di ieri sera. Sarà giustissimo aspettare e cercare una risposta ma una "spiegazione" non ci sarà. E questo strazia il cuore. Ciao Erika, col magone.
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