venerdì 21 giugno 2019

Si è sentito...

Kiave di lettura n° 343
Era un regalo mirato quello del perfetto consulente letterario romano. Era con l'augurio che si potesse sentire davvero, ben sapendo entrambi che "NESSUNO PUO' SENTIRE" così bene quel silenzio. Parlo di quel silenzio avvolto nella nebbia che si prova ad ascoltare e sentire ad Auschwitz e Birkenau (leggi cliccando qui le sensazioni di quel viaggio).
PAOLO NORI - "Si sente?" - Marcos y Marcos
Ho letto (iniziato) il libro di Paolo Nori, proprio durante il volo per Cracovia. L'inizio è di quelli che ti coinvolge subito, superando anche quello che lo stesso autore definisce come la difficoltà maggiore "...che finire, finisci per forza, cominciare invece delle volte stai lì un sacco a pensarci, comincio o non comincio..." e soprattutto togliendo dalla testa il dubbio mai troppo lusinghiero per l'autore "..quando uno che ha letto il tuo libro ti chiede perchè scrivi c'è qualcosa che tocca...che non va..".
L'argomento del libro è ben identificato dalla copertina ed emerge bene dalle pagine che si sommano, anche se il modo di affrontare l'argomento non è per niente banale, in pieno stile Nori. La partenza in riferimento ferroviario "..il treno è il vettore, ma chi ti obbliga a andare su quel treno...è la storia..." è esemplificativa del percorso del libro che si sviluppa in percorsi narrativi e storici che affiancano in modo totalmente suo le vicende di Auschwitz e Birkenau "...quando la storia ti spinge da una parte, quando tutti intorno a te dicono una cosa, per quanto schifosa quella cosa possa essere, in quel momento lì ti può sembrare normale pensarla e dirla anche te..." fino a finirci dentro "...come per dire, voi ci assediate? voi pensate di ridurci alla fame? E noi ci mettiamo i  nostri vestiti migliori e andiamo nel migliore teatro a sentire eseguire dai nostri migliori musicisti l'ultima sinfonia del nostro migliore compositore..." evidenziando quello che la vicenda in sé provoca "...sarebbe una gran cosa riuscire a guardare le cose con quell'attenzione lì, da deficienti, come le si vedesse per la prima volta...". Quest'ultimo è (almeno per me) il messaggio che vuole passare dalle pagine che raccontano i discorsi dello stesso autore tenuti per il libro e sul libro.
Si sottolinea infatti l'esigenza forte infatti di vedere le cose con gli occhi "aperti" di chi dalle stesse è sorpreso, di chi ne rimane travolto e "segnato" "...volevamo afferrare la vita il più velocemente possibile, ma non conoscevamo le parole..." quasi sconvolto e non con gli occhi abituati al conformismo della storia nota quasi dovuta. Solo così, quello che vediamo e/o sentiamo e/o che lo stesso Nori prova a raccontare accenderà la giusta riflessione a seguito della vera emozione, riflessione che dovrebbe portare a consapevolezza "...rispetto ai centri di permanenza...io mi son chiesto come faccio a far finta di niente, a voltare le spalle, a fare come se non esistessero, oggi, in Italia, ai quali non ci si può avvicinare, come non ci si poteva avvicinare ad Auschwitz e Birkenau e dei quali non parla nessuno come non parlava nessuno di Auschwitz e Birkenau...". 
Chi si aspetta il libro sui campi con i "racconti classici" o le vicende di chi li ha vissuti sbaglia lettura. Chi ha la voglia di seguire un tipo di narrazione obliqua, incentrata sulla voglia di percorrere storie e di sentirle sulla pelle il reale scorrere del treno con i suoi sussulti e le sue oscillazioni, trova il giusto volume.
BIGNAMI: il consulente letterario, sbaglia raramente e non è questo il caso. Quattro stelle su cinque la mia valutazione.

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