sabato 18 gennaio 2020

Film e treni

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 371

E' un po' così che funziona. "UN BEL PO' DI ROUTINE" nei percorsi che vengono fatti dalla cosiddetta opinione pubblica. Il nove gennaio scorso, a pochi giorni dall'anniversario della sua scomparsa (venti anni), è uscito al cinema "Hammamet", opera di Gianni Amelio con protagonista Pierfrancesco Favino. Ma la sua uscita è stata anticipata (e tutt'ora seguita) da un focalizzarsi di commenti ed opinioni sul film stesso ma soprattutto sulla storia che racconta.
Per i pochi che non lo sapessero, "Hammamet" infatti mette in scena gli ultimi mesi della vita di Bettino Craxi. Focalizza l'attenzione sulla vicenda umana dell'ex presidente del consiglio, fotografando l'ultimo periodo della sua vita ed evidenziandone contraddizioni e relativi stati d'animo del protagonista e delle persone vicine.
Ho visto il film. E' un racconto davvero molto "intimo", quasi privato. Talmente privato da non venir mai nominato, ad esempio, nè il nome nè il cognome di Craxi, evidentemente troppo pubblico. Intimo e familiare tanto da incentrarsi quasi esclusivamente su questa parte della sua vita e dal rendere solo di accompagnamento le eventuali responsabilità, vicende politiche e processuali. Chi si aspetta il racconto storico di quel periodo ne rimane deluso, ma sono convinto che non fosse questo l'obiettivo del regista. Non la cronaca dei percorsi del partito socialista dell'epoca e del suo leader ma il finale della vita di un uomo e dei suoi legami. Tanto che il film ha pochissima azione, molto dialogo ed infinite pause. Come nelle caratteristiche comunicative di Craxi. Nonostante un'interpretazione stellare di Favino (sorprendente anche per chi lo ritiene un mostro di bravura) personalmente l'ho trovato lento, maledettamente troppo lento. Ma questo è solo un parere di chi ha pochissima autorevolezza e conoscenza in campo cinematografico. Personale valutazione che mi porterebbe a darebbe al film un cinque, per di più influenzato in positivo dal voto altissimo per un Favino davvero strepitoso. Giudizio legato ripeto alla sensazione del film come racconto di una storia di una persona (solo in parte personaggio) e non ai mancati riferimenti di cronaca ed a vicende "storiche". La cosa in realtà che mi ha colpito di più è avvenuta fuori dal cinema. E non parlo della coda al botteghino.
Parlo della fila di valenti opinionisti sull'argomento: giornalisti, direttori, politici....nani, ballerine e tuttologi storicopolitici tutt'attaccato che si sono iscritti a parlare. Il film ha portato infatti la biografia di Craxi, e soprattutto la rivisitazione della stessa, ad essere al centro della scena e della cosiddetta opinione mediatica. Tutte le analisi così impostate hanno tralasciato volutamente il merito del film "..ci mancherebbe....che vuoi che sia...in fondo si parlavo proprio di quello". Il confronto sul film è passato in secondo (anche terzo) piano perchè tutti sono stati troppo impegnati a rivalutare l'azione politica del leader socialista, a cercare di re-inquadrare la vicenda personale ed a catalogare come resistenza ad una persecuzione giudiziaria la sua ultima dimora tunisina. Tutti senza entrare in un'analisi ponderata delle vicende che partono sì da percorsi politici più o meno apprezzati e più o meno lungimiranti ma che finiscono anche in vicende giudiziarie passate in giudicato (ed altre sospese per prescrizioni e/o morte dello stesso Craxi). Se proprio era necessaria, l'analisi dell'attività dello stesso leader socialista l'ho trovata stucchevole. Non ho sentito infatti mai avviare un giudizio attento su tutto il percorso pubblico del protagonista del film. Ho sentito invece sempre partire il treno del revisionismo, con vari vagoni: riabilitato, presunto colpevole, esule, gigante, al confino, perseguitato, statista, incompreso, vittima. Tutti partendo dal film "Hammamet". Che invece nelle intenzioni di Amelio era solo il racconto di travagliati percorsi intimi di un uomo che aveva conosciuto le luci della ribalta e del potere italiano ma che si ritrovava a vivere gli ultimi giorni della sua vita molto lontano da tutto questo, non solo geograficamente.
Per questo, ogni volta che in questi giorni sento qualcuno di questi "intellettuali" prendere la parola sull'argomento e salire sul treno revisionista di cui sopra, mi viene alla mente il film di Paolo Virzì, Ferie d'Agosto. "...voi intellettuali...vi atteggiate tanto....parlate così sofistici....state sempre ad analizzà, a criticà, a giudicà....ma lo sapete qual'è la verità? la verità è che 'nunce state a capì più un cazzo...ma da mò". Ecco, rivedo nell'espressione beffardamente sarcastica di Ennio Fantastichini, la giusta definizione per i passeggeri dello speciale treno targato "Hammamet" in movimento in questi giorni.

1 commento:

  1. da twt:
    "Ecco, tutto posso perdonare a Craxi - le mazzette Eni e Mm, il Caf, i favori a Berlusconi e perfino i fischi a Berlinguer - ma di avere reso impronunciabile quella bellissima parola lì, che doveva essere eterna: socialista, facendola traslocare, da Turati a Turatello" diceva Biagi

    Nicola

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