sabato 15 febbraio 2020

Testimoni e ricordi

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 375

Era una maglia da trasferta, la cosiddetta seconda divisa, ovviamente (visto che non ci facciamo mai mancare niente) col color viola che si mescolava al bianco. Aveva nella sua "originale fattura" forme e linee che portavano ad intravedere più o meno chiaramente delle svastiche. Stile e qualità scarsi, gaffe involontaria (si spera..) e grave. Quando la cosa venne fuori, si aprirono le immancabili polemiche che scatenarono un caso. Talmente "forte" da portare  alla modifica dell'oggetto dello scandalo ed alla sostituzione della seconda maglia. Era più o meno metà degli anni novanta e qualcuno commentava: "non c'è più la sensibilità per certi simboli e questo provoca queste cadute di stile". Mettendo l'accento sul fatto che non avendo alta l'attenzione su certi argomenti, le conseguenze poi possono essere spiacevoli anche se involontarie (dando per scontato che il designer della maglia non avesse la volontaria intenzione di portare alla ribalta certi simboli). Questo ricordo, che può sembrare più "curioso che pericoloso" , si è ri-accesso quasi automaticamente quando invece le notizie curiose hanno lasciato il passo a quelle pericolose. E purtroppo non si tratta più di un "era" ma di molti "è".
E' la casa di una deportata e sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz, Arianna Szorenyi, il luogo della vergogna dove qualche delinquente ha disegnato una svastica pochi giorni fa. A San Daniele del Friuli, solo una delle vergognose tappe di un "GIRO D'ITALIA" fatto di ignoranza, violenza e pericolosità.
E' la porta di un'altra abitazione a riportare questa volta non la svastica, ma la schifosa scritta "Juden hier". A Mondovì, una decina di giorni fa, sul portone di casa del figlio di una partigiana deportata a Ravensbrusk, Lidia Beccaria Rolfi.
E' un'altra opera delinquenziale quella invece apparsa a Torino sui campanelli di una donna iscritta all'ANPI e figlia di un partigiano: il simbolo delle SS con "contorno" di svastica proprio nei giorni vicini a quello della memoria.
E' un graffito nell'androne di un palazzo torinese quello che riporta la nazista espressione "crepa sporca ebrea" diretta ad una donna di origine ebraiche figlia di una staffetta partigiana, negli stessi giorni del messaggio lasciato ai campanelli della donna iscritta all'ANPI.
E' il finestrino della macchina vandalizzato ancora con una svastica quello che Aboubakar Soumahoro, sindacalista che si occupa del riconoscimento dei diritti dei lavoratori agricoli, ha trovato un paio di giorni fa nella Capitale, momentaneo arrivo del giro in questione.
E' una preoccupante e vergognosa cinquina di eventi accaduti in non più di venti giorni che deve mettere i brividi a tutti e che apre la porta ad un pericoloso argomento. L'avvenuto sdoganamento di certi atti e di certe espressioni. La svastica, i simboli nazisti, le case "segnate". Cose che solo a leggerle vengono i brividi. Ma non possiamo smettere di indignarci e di opporci con tutte le armi in nostro possesso.
Soprattutto non dobbiamo smettere di riportarle ed insieme a queste schifose espressioni riportare anche e soprattutto le storie di chi quel tempo l'ha vissuto. "...ricordare e contrastare chi osa minimizzare, addirittura negare quanto accaduto. Chi alzerà la propria voce indignata, offesa, quando tra non molto non ci sarà più alcun testimone?..." recita nel suo racconto dell'olocausto proprio Arianna Szorenyi. Ecco, dobbiamo noi prendere quel "testimone" e far sì che ci sia SEMPRE qualcuno a ricordare ed a contrastare.

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