#KdL - KIAVE di LETTURA n° 385 |
Categorie e tempi. Sembra che ogni discorso di questi giorni non possa prescindere da due parole d'ordine: categorie e tempi. Della riapertura. Della ripartenza. Della santificata fase due. E tutti si sono messi in coda per sapere o per chiedere di farne parte. Un interminabile serpentone per (ri)entrare nei provvedimenti del prossimo DPCM o quello che sarà. Un po' come alla Coop in questo periodo e senza saltafila.
"Io non posso restare fuori" "non possiamo sopportare ancora chiusure" "ma è proprio necessario aspettare il quattro? Non si può riaprire proprioproprio lunedì?" "io riapro a me m'importa una ...". Ipotetiche conversazioni nell'ipotetica coda. "Rigorosamente" con la distanza di un metromegliounmetroemezzofacciamodue ed una mascherina diventata obbligatoria e fondamentale un mese e mezzo dopo l'arrivo del virus.
I contagi? Si ci sono ma dice "in calo". Non si capisce in base a cosa visto che i dati di oggi indicano lo stesso aumento giornaliero di una settimana fa (ma anche di alcuni dati di qualche settimana precedente). Non sono forse sostanzialmente stabili da una decina di giorni? I numeri dicono questo ma comunque sia, sono in calo, a prescindere. Ora bisogna ripartire.
Figuriamoci è totalmente comprensibile. Legittimo, anzi...legittimissimo. E' chiaro a tutti che le conseguenze di questa situazione sono e saranno lunghe e dolorose a livello economico. Per molti di più, per alcuni forse un pochino meno ma arriveranno a toccare tutti. "LE CASSE SONO ZEPPE" sarà una frase che sentiremo ormai dire soltanto da Liga.
Chiaramente è interesse di tutti iniziare la fase due. Mi pare solo che manchi totalmente dalla discussione un termine: come. Con numeri che sembrano calare drasticamente solo nei buoni auspici e con i mille "?" che accompagnano ogni raccomandazione sanitaria, non sentir mettere al centro dell'attenzione il termine come mi lascia perplesso. Della serie, intanto si (ri)parte poi si guarda. Lasciando aperta la porta alla ricaduta/ondata di ritorno, che a parole fa paura a tutti ma che nei fatti evidentemente diventa fattore secondario. La ditta/società/associazione/negozio "X" della categoria "Y" si batte per riaprire prima di subito. Giusto. Comprensibile. Da sostenere. Ma chi ha fatto/farà mezza verifica che qualcosa rispetto alla sicurezza/programmazione sia stato messo in campo e non sia solo una corsa alla paura di non riaprire più ed un incredibile boomerang per la stessa ditta/società/negozio? Anche perché non avendo ancora chiaro quali siano davvero gli strumenti efficaci di sicurezza/programmazione vedo la considerazione di essere pronti a ripartire più come auto-proclamazione che non come un'attenta analisi.
"Ne va della tenuta della nostra economia". Per carità, verissimo. Fino a pochi giorni fa ci avevano però assicurato che aprire con il contagio voleva dire raderla al suolo l'economia....e non solo purtroppo. Ora mi chiedo, il contagio è davvero così tanto in calo e/o sono stati fatti i passaggi necessari per fronteggiarlo, tanto da permettere la riapertura, anzi richiederne una anticipata con tanto di coda per volerci essere inseriti? E' una domanda a cui non ho risposta e non è una polemica. Come detto le settimane scorse, mi riesce poco anche quella in questo periodo. E' un pensiero a voce alta. Magari con tracce critiche, ma il DNA d'altra parte resta; anche se annacquato, di certo non scompare.
Da quando è iniziata questa inimmaginabile situazione infatti, a differenza di tanti che leggo, non sono migliorato. Per niente. Ho letto da qualche parte qualcuno che sostanzialmente diceva "chi era stronzo prima rimarrà stronzo, chi era bravo resterà tale, la maggior parte resteranno un po' stronzi e un po' bravi". Concetto che ha sostanzialmente ripreso Francesco Guccini declinandolo alla sua maniera in "non saremo migliori quando si tornerà alla normalità. Gli uomini non imparano, dimenticano".
Ecco per evitare di essere io il primo a dimenticare, quello che ho tentato di fare in questo periodo è stato provare ad osservare di più. Ad ascoltare meglio. Ed a "tenere traccia" restando umani. Così quando stamani la farmacista (dopo aver preso la seconda sgarbata lamentela dai primi due clienti della giornata) ha provato a sfogarsi io banalmente ho provato ad ascoltarla. "Siamo aperti 24h da giorni, turni continui e poi veniamo considerati furbi o disorganizzati se non abbiamo le mascherine gratuite". Le ho sorriso con gli occhi. "Come se fosse causa nostra che ne arrivano col contagocce e nei giorni scorsi c'era la ressa fuori". Ha continuato dietro la sua mascherina, la visiera stile saldatore, i guanti chirurgici e il plexiglass di nuova installazione. "Scusami lo sfogo" mi ha anche detto. Io, che in teoria le dovevo chiedere anche delle mascherine, ho bofonchiato invece qualcosa di diverso. Poco utile e poco originale che però l'ha fatta in qualche modo sorridere o almeno così mi è parso di intravedere dietro le varie coperture. Ecco, questa signora gentile non ha bisogno di mettersi nell'ipotetica coda per chiedere di riaprire. Rientra tra quelli che nel frattempo non si sono mai fermati. Magari verrà anche considerata "fortunata" per questo. Chissà. Mi sono solo immaginato le sue possibili paure di queste lunghe settimane, il dover lottare con nuove disposizioni e nuovi dispositivi, il dover sopportare sfuriate gratuite. E la parola fortunata non mi è proprio passata per la testa. Per questo "regalargli" un'espressione simile al sorriso mi ha fatto pensare di aver fatto un piccolo passo. Nella direzione chiamata "per non dimenticare".
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