sabato 11 luglio 2020

Solidarietà totale

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 396

Certamente il concetto di "luogo della democrazia" ha negli anni un po' perso il suo più alto significato. Sono state purtroppo tante le occasioni in cui i "rappresentanti del popolo" (ok ok la smetto con espressioni....trite e ritrite...ecco appunto...) si sono messi d'impegno per riuscire a far perdere credibilità al ruolo istituzionale del Parlamento e non solo. Discussioni con zero credibilità, litigi e zuffe che nemmeno al campetto di periferia per un rigore inesistente al novantesimo, scene vergognose contornate negli anni da striscioni, manifesti, mortadelle e bottiglie di spumante. 
Una decina di giorni fa l'ultima sceneggiata di uno che da decenni fa dell'andare "TROPPO IN LA' E CI VA DI BRUTTO" un motto di vita. "Eh ma come spiega il Caravaggio 'uncen'è" di solito è il commento di chi cerca giustificazione alle sue parole costantemente fuori luogo ed alle sue dimostrazioni di totale inadeguatezza al mondo civile. Nell'ultima puntata per professare il suo diritto di offendere liberamente si è fatto trascinare a forza fuori dall'aula (che purtroppo ancora frequenta legittimamente dato che c'è chi ancora lo vota...), un po' come si porta fuori da un concerto qualcuno che "è andato oltre"
C'è quindi solo l'imbarazzo della scelta nella lunga serie delle scene deliranti che negli anni sono andate in onda tra i banchi delle aule delle due Camere. Eppure a me quella che è saltata agli occhi negli ultimi giorni è una vicenda di tutt'altro tipo. Mercoledì infatti viene pubblicato sul Fatto Quotidiano questo articolo (clicca qui) di Alessandro Robecchi
Ho smesso da un po' l'abitudine quotidiana dell'acquisto del FQ. Un po' per stanchezza mia nell'affrontare la lettura di notizie che sembrano sempre le stesse vista la situazione generale, un po' per una sempre maggiore abitudine a cercare le notizie sui vari siti di informazione, un po' per una divergenza di opinioni su diverse analisi politiche da un po' di tempo a questa parte. Per una coincidenza invece proprio mercoledì mattina ho comprato il giornale e l'ho letto facendo colazione. Quando più tardi ho letto partire una serie di comunicati, dichiarazioni e polemiche circa l'articolo in questione, il primo pensiero è stato "ammazza...dovevo ancora dormire quando l'ho letto...non mi sono nemmeno accorto di questa chiamata alle armi..."
La leader di Fratelli d'Italia ha infatti attaccato l'articolo vista, a suo dire, l'istigazione alla violenza ed alle armi contro il suo partito. Ora è chiaro che il campo della lettura (degli articoli di giornali, dei libri, della storia) sia particolarmente ostico per Giorgia Meloni e non solo, però credo sia davvero complicato leggere qualcosa che non c'è. Quindi è plausibile pensare che tutto quanto sia stato messo in moto dal suo amato "facciamo casino", l'unico altissimo punto politico del suo operare. Questo ha fatto partire e scatenato una caccia al cattivo. Robecchi si è trovato al centro dell'attenzione del mondo comunicativo ma soprattutto degli "amabili apprezzamenti" dei cosiddetti odiatori del web. Offese, violenze verbali, minacce da parte delle truppe cammellate partite lancia in resta a difendere il democratico diritto di......essere fascista.....e soprattutto accusando di istigazione alla violenza l'articolo. Che ovviamente dice altro e soprattutto chiede altro. Ma altrettanto ovviamente non ha avuto risposta nel merito ma è stato capovolto a dovere. Il dramma è che non solo i suddetti attivisti si sono mossi. La cosa è arrivata perfino in Parlamento,  dove tutti....Pd, Italia Viva (nome di partito che tutte le volte che scrivo mi fa sempre più ridere), il Movimento Cinque Stelle e udite udite un ministro del Governo si sono sentiti in dovere di intervenire a stigmatizzare lo scempio di quel pericolosissimo articolo. Nessuno basandosi su quanto scritto ma tutti prendendo per buona lo stravolgimento dei colonnelli di Fratelli d'Italia e la loro versione (stavo per scrivere "lettura di..." ma mi son reso conto che sarebbe stato un termine troppo alto per i motivi suddetti).
In tutto questo quindi nessuno ha chiesto conto di quanto sottolineava Robecchi nel suo tentativo di analisi di un partito: esponenti di partito vestiti da nazisti, coordinatori regionali con slogan "me ne frego" ben stampati in vista in manifesti elettorali e rivendicati successivamente, candidati alla guida di una regione che organizzano cene evocative della marcia su Roma. Questi non fanno paura, l'articolo che cita cosa è successo quando questi casi sono stati accettati sì. Nel citarli e non accontentarsi del "son ragazzate" come spiegazione Robecchi ha toccato dei fili scoperti, quelli che permettono l'ambiguità su fattori che la Costituzione in realtà mette fuori dal contesto democratico. Come per magia diventa invece anti democratico ricordare cosa è successo quando sono stati tranquillamente fatti proliferare. Curioso.
Fin quando ad usare questo stravolgimento della cosa è lo stesso partito a cui si fa queste domande diciamo che è prevedibile. Lo è meno se a farlo sono altri. Sfiora l'assurdità se a farlo è il Parlamento stesso, preoccupato di un articolo che ricorda la storia passata e non di chi inneggia a chi quel passato lo ha colorato di vergogna e sangue. Spesso in momenti del genere mi viene in mente Sandro Pertini ed il suo "a brigante, brigante e mezzo". Chissà quali invettive riceverebbe adesso la sua "violenta" frase da chi ha la fiamma tricolore nel simbolo e da chi corre a stigmatizzare e solidarizzare per non perdere la luce della polemica del giorno e mostrarsi democratico e limpido. Per poi tornare a chiudere gli occhi su altro ben più pericoloso e reale magari per un'alleanza regionale o per un voto necessario ad un provvedimento. Povera Italia. Nel mio piccolo, anche io mi sento di solidarizzare, totalmente. Con Alessandro Robecchi.

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