#KdL - KIAVE di LETTURA n° 482 |
Sempre più in questo periodo le diverse sfaccettature del silenzio arrivano ed avvolgono. Agiscono in varie forme e con varie reazioni ti ci confronti. In alcuni casi lasciandole fare in altre cercando di combatterle. Dipende dai campi e dai momenti. Il silenzio ad esempio che avvolge la poca voglia di scrivere, cerco di vincerlo mettendomi l'impegno di questo post settimanale. Altre forme di poca parola invece le percorro senza troppe paure o banalmente le lascio fare per pigrizia.
A volte addirittura sembra quasi che il silenzio, da me ma non solo, possa essere invocato per quel sano senso e desiderio di "testa sotto la sabbia" nei confronti di notizie che continuano ad accumularsi e portano nel mondo quel pesante senso di precarietà e tristezza dovuta a qualcosa che da sempre porta solo quello: la guerra.
Ma la vita di tutti prosegue, con la testa sotto la sabbia o meno, e di conseguenza arrivano anche i momenti si ed i momenti no. Alternati nella definizione ideale, con il rischio di pericolosi loop nella pratica reale e quotidiana. Nell'alternanza non ben prestabilita arrivano poi ulteriori carichi. Quelli che il fiato lo tolgono davvero e lì il silenzio lo determina più lo stomaco stretto energicamente che non la poca voglia di parlare. Con eccezioni ovvio, perché anche in questi casi chi deve dire qualcosa in più c'è sempre, ed è proprio in quei casi che uno forse lo cerca pure il "SILENZIO CHE FA STARE BENE", cercando di scansare tutto e lasciando prevalere la commozione. Quella appunto che crea il nodo alla gola per qualcosa di ingiusto, di troppo veloce per farci l'abitudine, di poco o per niente accettabile. In pratica il campionario completo "delle frasi fatte" ma che quando ci sei immerso dentro non ti sembrano nemmeno tali. Aggiungendo al kit completo delle considerazioni anche il pudore di non volersi metter troppo in prima fila per qualcosa di molto vicino sì, ma nel quale non ti puoi reputare esattamente come il protagonista principale. Nonostante questo, quel nodo alla gola ti agisce dentro ed apre porte diverse mai chiuse. Sensazione che cerchi in qualche modo di alleviare negli altri, non per compatimento ma per vicinanza. Per un abbraccio. Per un sostegno che mai come in questo caso può essere qualcosa a cui sorreggersi. Un aiuto.
Per il suo lavoro, per i suoi progetti, per il suo settore, per il suo animo, aiuto era una parola che Annalia conosceva bene. Un termine che purtroppo in questo ultimo maledetto e velocissimo periodo le è per forza di cose mancato. A livello medico purtroppo, a livello di tempo tragicamente, a livello di vicinanza per le imposizioni del periodo come ulteriore crudeltà. E realizzandolo mentre lo scrivo, lo stomaco accusa ancora di più, lasciando il segno.
Me lo ripeteva spesso ed anche una delle ultime volte che abbiamo parlato l'ha sottolineato "mica me lo dimentico che sei stato il mio primo tutor qui dentro topetts". Tranquilla Anny, non me ne scorderò mai neanche io.
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