#KdL - KIAVE di LETTURA n° 521 |
Di nuovo la storia del "guerriero sconfitto". Di nuovo la cronaca di un male che ha battuto chi non c'è più. Di nuovo le parole lotta, combattente, vittoria, sconfitta. Come se fosse una partita in cui impegnandosi si vince, se non lo si fa completamente o "per bene" invece si perde.
Magari l'ho fatto anche io in passato in modo inconsapevole ma da un po' di tempo ci sto facendo più caso. Di quanto stride questo concetto di sconfitta di un guerriero impegnato nella partita più importante. Ma soprattutto di quanto può far male a tutti quelli che hanno visto andarsene persone vicine e che in qualche modo sentono definire "sconfitti" i propri cari colpiti da un tumore.
Forse chi si appiattisce su questo linguaggio dovrebbe capire che il parlare di chi non c'è più a causa di questo male non deve per forza essere allineato ad una sfida. C'è questa magica declinazione: tumore --> partita e quella parola artefice di tutto che di conseguenza scompare lasciando spazio appunto all'aspetto quasi agonistico. Come se fosse una gara da vincere, una prova in cui misurarsi.
Oggi se n'è andato Gianluca Vialli, giocatore iconico di un calcio che non c'è più. Di quel calcio di fine anni 80/inizio 90 che per i tifosi della mia età resterà IL calcio. Centravanti di una Sampdoria che ha fatto sognare tutta Italia oltre che Genova, leader di una delle Juventus oggettivamente più insopportabili della sua insopportabile storia, calciatore riconosciuto un po' ovunque. Da qualche anno era stato colpito da quel male che spesso ho sentito definire "un male pocobono" e da allora al suo curriculum invidiabile di calciatore si è affiancato altro da raccontare. "Io col cancro non ci sto facendo una battaglia" "ECCO CHE SPUNTA UN'ALTRA REALTA'". Ha raccontato infatti i suoi obiettivi a lungo ed a breve per cercare di non farsi abbattere confessando come, ovviamente, nonostante i suoi programmi, spesso "se la fosse fatta addosso dalla paura". Ha cercato di trasmettere la propria esperienza al mondo per provare a comunicare il suo percorso, soprattutto mentale, cercando di portare aiuto a chi in quelle situazioni si trovava o si trova. Non ha mai parlato di lotta, di sfida, di vittoria. Quando ha parlato di "perdita" l'ha declinata rispetto al tempo che cercava di non dare mai o mai più per scontato. In quella bella intervista aprendosi con Alessandro Cattelan ha abbinato sorrisi, riflessioni e commozione. Facendo uscire, in quella ed in altre apparizioni tv, immagini indelebili dal bagaglio di ricordi di tutti. Nei miei, soprattutto i gol in maglia doriana nelle partite europee che all'epoca erano le uniche che si potevano vedere. Ma anche quelli che purtroppo ha fatto con la maglia sbagliata (diversi anche a noi), i lampi in nazionale - gli ultimi con mia esultanza per quella maglia - e quelli in Inghilterra che lo hanno fatto diventare uno dei primi/pochi italiani che all'estero hanno lasciato un segno indelebile da calciatore
Non l'ho mai sentito lasciarsi andare a parole banali o frasi fatte. Ogni volta faceva aprire un po' il cuore e generava riflessioni. Per questo stamani mi ha fatto male leggere che se ne era andato, pensando che quei suoi obiettivi a lungo (morire dopo sua mamma e portare all'altare le figlie) purtroppo non si realizzeranno, essendosi stoppati in questo tristissimo giorno.
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