sabato 22 febbraio 2020

La severità della legge

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 376

Nella considerazione più o meno generale, la legge ha quella che in fiorentino si direbbe "la nomea di essere severa". Certamente una nomea che nella realtà si basa su un concetto molto più complesso visto che all'interno del mondo di leggi che compongono la definizione generale, se ne può trovare una gran parte che stabilisce diritti, agevolazioni o benefici. Ma come spesso accade fa più rumore ed identifica maggiormente quella parte che tende alla rigidità. Quella cioè che impone divieti, prevede obblighi e sanzioni, stabilisce pene.
Definendola quindi astrattamente si tende ad abbinare alla legge (ed ai suoi derivati) qualcosa di poco riconducibile al cuore ed al sentimento. Per questo mi ha colpito ancora di più quanto stabilito dalla Cassazione circa l'annullamento del provvedimento di arresto di Carola Rackete (comandante della nave Sea Watch). Non tanto e non solo per la decisione in sè resa nota un mese fa, quanto per le motivazioni pubblicate in questi giorni. Viene infatti stabilito nelle motivazioni come Carola agì correttamente dato che "l'obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell'atto di sottrarre i naufraghi ma comporta l'obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro". Per questo lo sbarco non può essere considerato reato, per questo per Carola non si può ne si deve parlare di reato.
Mi ha colpito perché quella che doveva essere la parte rigida e severa, appunto la legge, ha invece mostrato a tutti la via del cuore e della ragione ricordando banalmente la regola del salvataggio in mare e non solo. Regola e concetto generale che dovrebbero essere in realtà noti universalmente. Così come nota dovrebbe essere "LA BELLEZZA CHE TI SPACCA IL CUORE E OCCHI COME IL MARE NEL  MOMENTO DI PIACERE" di riuscire a mettere in salvo una o più vite umane.
Carola prima e la Corte di Cassazione poi ci hanno banalmente ricordato, attraverso azioni e sentenze tutt'altro che banali, dove sta il cuore e dove stanno gli "obblighi" nel vivere tenendolo attivo. Ovviamente il tutto ha alzato il polverone della polemica da parte di chi ha nel cuore solo un paio di # inneggianti alla chiusura dei porti. Ed in modo meno ovvio anche da parte di chi ha visto bene di accodarsi definendo Carola "povera stronza" "troia" "lurida zecca" "terrorista" le persone che ha salvato "ospiti che non fuggono da un cazzo di niente" e chi ha applaudito alla sentenza della Corte di Cassazione "coglioni". Parlo non di uno dei tanti odiatori di professione della rete magari dal nick sconosciuto e di fantasia, bensì di una donna con nome e cognome reali che ogni giorno si mette la divisa rappresentante l'ordine in Italia (Silvia Bocci appartenente alla Polizia di Stato della Questura di Grosseto).
Pensare che l'ordine in Italia è nelle mani di una donna del genere mi fa rimpiangere molto il fatto di non avere invece al suo posto molte più "luride zecche-povere stronze". E mentre lo penso applaudo di nuovo alla ventata di ragione e cuore portata dalla Corte di Cassazione. Felice di essere un "coglione", anche perchè "d'altra parte nella vita servono anche quelli" (citazione ereditaria).

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