Ieri infatti Liliana Segre ha scelto di parlare a giovani e studenti della Cittadella della Pace di Arezzo della sua storia e della sua vicenda. Sopravvissuta all'Olocausto ha fatto della sua vita (anche) un percorso di memoria attiva, di racconti, di testimonianza. Ed ora dopo tanti anni di viaggi e di incontri ha giustamente considerato concluso questa fase della vita dove la sua testimonianza ha percorso km e toccato infiniti cuori ed anime.
Ha raccontato e fatto passare il messaggio di cosa vuol dire ad otto anni sentirsi definire "l'amica ebrea" e vedersi esclusa da scuola nell'indifferenza di compagni ed amici. Ha provato a far capire a chi ha incontrato in questi anni qualcosa di incomprensibile come il dramma dell'Olocausto, del lager e della follia di una deportazione tragica ed assassina. Ha cercato negli anni di non far vincere l'ovvio "LA VITA TI HA CAMBIATA" combattendo contro il rischio di diventare donna di vendetta o di odio ma restando "donna libera e di pace" come ama autodefinirsi.
Ieri per l'ultima volta si è raccontata ed ha ripercorso la sua storia. Davanti a ragazzi giovanissimi, che ha definito come tutti suoi nipoti, ha di nuovo lanciato il suo messaggio e lasciato una delle tante tracce indelebili che negli anni si sono accumulate nella sua vita. "Non ho perdonato non ne ho la forza" scandito da chi come novantenne attraversa l'Italia per riaprire le sue ferite a beneficio della cultura e la memoria di tutti è una frase che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. Una donna fortissima e così grande che si autodefinisce debole per non essere riuscita a perdonare quello che gli è stato fatto rappresenta qualcosa di clamorosamente grande. Qualcosa di unico al cui cospetto non si può che cercare di trarre insegnamento. Anzi, si deve. Per rendere il suo messaggio attuale anche da domani in poi quando non sarà più lei a portarlo avanti e farlo circolare. Sperando di esserne anche solo vagamente all'altezza.
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