venerdì 11 dicembre 2020

Ciao Pablito

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 414
"...Paolo Rossi era un ragazzo come noi..."
Con questa citazione di "Giulio Cesare" di Antonello Venditti si è aperta la mattinata di ieri. O meglio ha fatto da colonna sonora all'ennesima tragica notizia di questo triste periodo che appare senza fine. Se ne è andato infatti anche Paolo Rossi. Quel Pablito che trentotto anni fa, come nelle favole, ha realizzato i suoi sogni e quelli di un'Italia aggrappata alla TV con la speranza dal titolo "VINCI CASOMAI I MONDIALI".
Da ieri rimbalzano immagini, video e ricordi della carriera di Rossi, incentrati principalmente su quell'estate spagnola. Ed anche a me questa tragica notizia ha aperto ricordi tanto lontani quanto clamorosamente vivi. 
Non avevo ancora sei anni quando Brasile, Polonia e Germania venivano battute ed abbattute da quel piccolo centravanti in maglia azzurra. Era stata un'annata calcistica particolare per Firenze: il duello con i gobbi concluso all'ultima giornata con il solito finale beffa per tutti i viola (con tanto di scippo) ma che per me è diventato parte del bagaglio culturale solo negli anni successivi.  Durante quell'amarissimo (e rubatissimo) finale di campionato ancora il calcio non era nei miei pensieri. Cosa che invece accadde dopo pochi mesi quando l'interesse per il pallone ebbe una clamorosa svolta.
Grazie alle maglie azzurre che in Spagna stavano facendo la storia. Grazie a quell'improvvisato numero nove di quella nazionale che mio babbo continuava a dirmi di osservare bene "guarda come gioca il nostro Antonio, a settembre ti porto allo stadio a vederlo dal vivo" . Grazie a quel percorso di clamorosa evoluzione dell'Italia durante il "mundial". Ma soprattutto grazie a quel numero venti che dopo alcune partite poco appariscenti divenne il bomber che tutta Italia aspettava e sognava. 
La tripletta di testa, con tiro da fuori e "di rapina" contro i brasiliani già incensati come i più forti del mondo. Altri due gol sotto porta contro i polacchi in semifinale, uno su assist di Giancarlo. Il gol che sblocca la finale contro i tedeschi. Capocannoniere e campione del mondo. 
I festeggiamenti della vittoria nella casa in campagna ed io che nel giardino fuori ripetevo all'infinito le azioni dei gol proprio di Pablito, sognando la sua maglia che magicamente il Natale successivo arrivò sotto l'albero. Una maglia azzurra con il 20 sulle spalle. Un sogno. Trasformato negli anni in cimelio che ancora custodisco gelosamente.
Da quell'estate ho cominciato ad aspettare la domenica con trepidazione per vedere rotolare quel pallone che in quel luglio tanto mi aveva emozionato, sperando di rivivere quell'imensa gioia nuovamente.
Erano tempi diversi. Lontanissimi. Era un calcio che non ha nulla a che fare con quella cosa che provano a fare ancora oggi in stadi vuoti o con regole marziane. Il primo grande amore che ricordo nitidamente ancora oggi. E che ancora oggi mi fa sorridere emozionato.
Se ne va il protagonista principale dell'inizio di quella passione, che da allora è diventata praticamente solo viola ma che è nata col colore azzurro e con l'immagine festante di quel quasi concittadino che aveva portato una nazione sul tetto del mondo.
Ciao Pablito. E grazie per averla accesa, quella passione. 

7 commenti:

  1. da ig:
    ❤️��veramente..mi hai fatto riaffiorare dei ricordi lontanissimi...ero in vacanza in Corsica ,ricordo i francesi che ci prendevano in giro ..il Brasile era il Brasile...ma Pablito ci regalò’ un sogno bellissimo
    Chigio

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    1. esatto riemergono prepotenti ed intensi...sogni resi reali...

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  2. da ig:
    Emozionante racconto per chi l'ha vissuto, anche se il calcio non era nella proprie"corde". È riuscito a fare appassionare un paese con le gesta che solo un eroe avrebbe potuto. Ma ciò che mi ha fatto tornare indietro nel tempo, è sicuramente il tuo magnifico racconto che ha dato nuovamente colore ad un ricordo sbiadito, di una lontana estate del 1982. Grazie Enzo, impareggiabile come sempre a fare affiorare forti emozioni in chi ti legge!
    Leonardo

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    1. sono ricordi fortissimi da sembrare attuali quasi da toccarli...
      Grazie Leo...😊

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  3. da ig:
    Ero piccino, ma mi ricordo bene quella sera a urlare dalla finestra con la bandiera tricolore che sventolava, hai ragione Enzo, erano tempi diversi, e ci piaceva, accalorava e appassionava sentirsi italiani... Nostalgia ❤️
    Designpop

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