#KdL - KIAVE di LETTURA n° 621 |
Spesso quando vediamo gli eventi tragici che ci circondano a livello mondiale (clicca qui) per provare a mettere la testa altrove "VORREMMO GIRARE PAGINA MA SON TUTTE APPICCICOSE". Lunedì mattina un tremendo boato è echeggiato da Calenzano fino ai comuni ed ai quartieri più lontani. Nel mio ufficio - più o meno ad una quindicina di chilometri di distanza - ci siamo guardati increduli e dalla coda tremendamente lunga e rumorosa del botto ci siamo detti "se è un'esplosione lontana dev'essere proprio qualcosa di grosso". Pochi minuti ed abbiamo purtroppo avuto la tristissima conferma. Sono cominciate a circolare le notizie più disparate come accade purtroppo in questi casi: vere, verosimili, inventate, ingigantite, false, concrete, tragiche. A ruota anche i video e le foto dell'evento ed è stato un cazzotto allo stomaco di crescente intensità e potenza. Un fungo nero, fiamme altissime, vetri spaccati, porte divelte. Ma soprattutto il pensiero a quello che tutto questo poteva significare per le vite umane delle persone a lavoro nel deposito Eni esploso e non solo per loro. Feriti, dispersi, morti.
Vincenzo Martinelli, Gerardo Pepe, Franco Cirelli, Davide Baronti e Carmelo Corso.
Sono le cinque persone che da lunedì mattina non ci sono più perché hanno avuto "l'ardire" di recarsi a lavoro. Gli ultimi cinque lavoratori di un'interminabile catena che per i soli primi dieci mesi dell'anno contava già 890 vittime. E che saranno "gli ultimi" solo per pochi giorni, perché verranno tristemente sostituiti da altri. Dai prossimi, che come tutti gli altri saranno considerati per pochi istanti, al massimo giorni, come martiri di qualcosa più grande e cattivo di loro: il lavoro. Qualche indignazione variegata, un sottosegretario a portare cordoglio, due/tre ore di sciopero di una parte di lavoratori e poi via andare. Passeranno la scena a qualcun altro che farà la loro fine o ad altre vittime, magari di qualche altra tragedia atmosferica visto il periodo o sociale/culturale come la violenza sui considerati diversi o più deboli visto il tristissimo panorama in cui viviamo. Ovviamente si andrà oltre, come sempre, senza minimamente affrontare le cose nel profondo, nessuna. D'altronde il fatto di inviare "un sottosegretario a caso" del Governo per portare la propria vicinanza - dopo quella ordinaria espressa con le più convenzionali parole del caso - fa capire quanto questa tragedia abbia colpito davvero chi è al comando della baracca. A parole. Ovviamente e soltanto.
Ma d'altronde va bene così. Non è soltanto alla guerra che ci siamo tristemente abituati. Alle tragedie sul lavoro evidentemente anche. All'indifferenza generale ed istituzionale pure. Lunedì l'ennesima conferma. Ma per fortuna arriva Natale a breve. Qualcosa a cui "non ci siamo abituati" ma che fa da sempre parte delle nostre più importanti e sacre abitudini. Menomale va che arriva, così potremo tutti far finta di essere più buoni. Chissà come saranno felici Vincenzo, Gerardo, Franco, Davide e Carmelo di vederla tutta questa bontà dal posto dove l'esplosione li ha portati.
Nel peso inutile che possono avere rispetto a questa tragedia, le mie condoglianze più vere alle loro famiglie.
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