sabato 19 luglio 2025

Trent'anni più tre

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 652
Trent'anni più tre. 
Nel trentennale scrivevo, dopo pochi giorni, questo (clicca qui). Oggi a quell'anniversario si sono sommati altri tre anni ma è sempre "BORSELLINO LI' NEL TEMPO" fermo e dal ricordo indelebile. Sono passati tanti eventi, giorni e decenni ma quello strazio è ancora ben solcato nella pelle di tutti quelli che davvero capiscono cosa hanno significato quei giorni. Per le persone che se ne sono andate (Borsellino ma immancabilmente anche Falcone neanche due mesi prima ed ovviamente le loro scorte), per le loro famiglie, per il significato profondo degli eventi e per un paese intero.
Di Paolo Borsellino, oltre che della sua grandezza istituzionale e personale, a me ha sempre tremendamente colpito e lasciato addosso un segno di clamorosa ammirazione e malinconia il suo senso di appartenenza istituzionale e dovere morale che lo hanno contraddistinto in quei cinquantasette giorni che hanno separato il diciannove luglio dal ventitré maggio. Da quel "e adesso tocca a me" detto dallo stesso Paolo con le lacrime agli occhi il giorno del funerale dell'amico Giovanni. Nel film "Paolo Borsellino" con un magnifico Giorgio Tirabassi che interpreta proprio il giudice, emerge la sua forza in modo cinematografico, ancora più carica di significato sapendo cosa ha voluto dire la sua "opera" e quel periodo nella sua vita reale. Evento che aveva perfettamente anticipato e fotografato prima che avvenisse: “La mafia mi ucciderà quando i miei colleghi glielo permetteranno, quando cosa nostra avrà la certezza che sono rimasto davvero solo”. Solo, conscio della sua condanna eppure non indietreggiando neanche di un mezzo passo. Per un Paese che lo aveva abbandonato e gli aveva messo addosso un timer. E che dopo quello che gli è successo, tranne le commemorazioni di facciata, si è sostanzialmente dimenticato di lui, lasciandolo ancora e di nuovo più solo. Tre anni fa, la figlia Fiammetta ha deciso di non partecipare alle commemorazioni di suo padre ed ha poi motivato il tutto con un messaggio tanto chiaro quanto straziante. 
"Uno Stato che non riesce a fare luce su questo delitto non ha possibilità di futuro. Dopo trent'anni di depistaggi e di tradimenti noi non ci rassegniamo e continueremo a batterci perché sia fatta verità sull'uccisione di nostro padre. Per questo motivo la mia famiglia ha deciso di disertare le cerimonie ufficiali sulle stragi del '92, non a caso mia madre non volle funerali di Stato, proprio perché aveva capito..."
Da quel giorno, un pezzetto di più di me ha un brivido di commozione ogni volta che ripensa alla sua storia. Al suo essere stato eroe senza volerlo essere. Al suo lasciare ricordo indelebile mettendo a disposizione della sua missione la sua stessa vita. All'assenza di giustizia e rispetto che ha ricevuto prima e dopo quel diciannove luglio
Trentatré anni dopo, nel suo ricordo, la rabbia e lo schifo non si sono attenuati di una virgola. Anzi. Quell'assenza di risposte continua ad accentuarle entrambe. Sempre di più.

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