sabato 20 dicembre 2025

Chissà...

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 673
Chissà che Natale staranno programmando a Gaza. Mi viene da chiedermelo mentre sono in coda per tornare a casa in una Firenze che sembra impazzita già a sei giorni dall'evento. Quello solito. Quello immancabile. Quello inderogabile.
Arriva ogni dodici mesi, preciso preciso, ed ogni dodici mesi si ripete la solita noiosissima tiritera. Quella che ci vede rincorrere non si sa bene cosa per non si sa bene quale motivo. E le strade si ingolfano, i negozi strabordano, i locali generano code, le ipocrisie non si contano. Ogni anno siamo tutti "VITTIME E COMPLICI" di questo massacro di sincerità e naturalezza cercando di andare sull'onda o quando ne rimaniamo scottati di non esserne troppo travolti.
Anche provando a rimanerne fuori alla fine ne rimaniamo invischiati tra un regalo che non vorremo fare e "ci tocca", un augurio che non sentiamo nostro ma ci ritroviamo "a pronunciare" e una serie di ipocriti sorrisi che ci vediamo recapitare da chi sostanzialmente ci considera solitamente il giusto e l'onesto
In tutto questo ci sarebbe la festività religiosa ma sfugge alla quasi totalità del mondo. Passi se ad avere questa dimenticanza è un posizionato su rive opposte all'evento come il sottoscritto, più curioso se lo spirito e la finalità del periodo sono ignorati da chi fa o dovrebbe fare di quel giorno qualcosa di unico. Ogni anno mi viene da riflettere al riguardo, ogni volta con sempre meno interesse per questo periodo ed ogni ripetitivo periodo dicembre emerge una considerazione piena di sarcasmo sempre più evidente e più accentuato del mio già presente quotidianamente. 
Sento parlare di periodo di riflessione e di periodo di "svolta dei cuori" ed il mio primo ed unico pensiero va proprio laggiù. A Gaza appunto. Dove morte e distruzione sono le uniche due festività riconosciute ed attuali. Dove i regali sono bombardamenti e condizioni invivibili. Dove speranza e vita hanno il significato dell'utopia irrealizzabile invece che del desiderio da far esaudire al Babbo Natale di turno. Laggiù dove (quasi) tutti siamo un po' colpevoli di quel che è successo e sta succedendo. Dove non siamo stati né bravi né interessati a mobilitarci e/o a tenere l'attenzione viva sulla strage avvenuta ed in corso. Nel posto dove sostanzialmente l'umanità è terminata e sta terminando ancora ogni giorno.
E di Gaza purtroppo ce ne sono/potrebbero essere tante. Troppe. Non a quei livelli, non con quella tragedia, non con quella "fine del mondo". Ma tante. Situazioni che, con impatto e sviluppo diverso, hanno dentro di sé la cartina tornasole di quanto questo periodo sia sostanzialmente una rincorsa unica all'ipocrisia generale. Chissà se questa evidenza saremo mai in grado di affrontarla. Non dico superarla eh ma banalmente solo di ammetterla. Nel frattempo mettiamoci in coda per gli imperdibili eventi.
E buone rincorse/ipocrisie/auguri/regali a tutti.

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