#KdL - KIAVE di LETTURA n° 390 |
Spesso in questo periodo surreale mi è capitato di arrivare ad un certo punto della giornata e trovarmi col fiato un po' corto, a causa di questa maledettamente benedetta mascherina. L'allergia "di stagione" sicuramente non ha semplificato le cose in questi giorni, anzi ne ha accentuato gli effetti, complicando la gestione dello starnuto cadenzato allo sfilare dell'oggetto di moda per centrare il gomito.
Anche in giro mi è capitato spesso di sentire frasi più o meno comuni sulla traccia del "ohiohi con questa mascherina 'unrespiro". Date dalla novità e dalla voglia di condividere, in una sorta di frase tormentone stile "'uncisonpiùlemezzestagioni", di quello che sostanzialmente resta l'argomento "di moda".
Il pensiero di quella frase in questi giorni è andato di pari-passo con una frase molto simile ma per niente di moda o conviviale. "Non riesco a respirare" è la frase che ha urlato più volte un uomo americano del Minnesota, George Floyd, mentre un poliziotto lo teneva faccia a terra con un ginocchio ben piantato sul collo. L'uomo, fermato per un controllo dopo una segnalazione ed accusato di non sa ancora bene quali tremendi reati, ha più volte chiesto di essere liberato perché non respirava. Il poliziotto ha continuato nella sua dimostrazione di "potenza". Il risultato è purtroppo noto a tutti. Negli Stati Uniti, soprattutto a Minneapolis dove il caso è avvenuto, si è scatenata una vera e propria manifestazione ininterrotta di protesta per il fatto, per i metodi usati da una parte delle forze dell'ordine e per la costante "casuale" presenza di persone di colore tra le vittime di queste situazioni. Un fiume continuo di manifestanti e di dimostrazioni di indignazione che si sono anche trasformate in violenza e gesti di vera e propria guerriglia, con minacce da parte del sempre inquadrato Trump "la polizia comincerà a sparare sulla folla" oppure "libereremo i cani feroci contro i manifestanti". Tanto che le violenze sono aumentate, sono arrivati anche gli arresti di giornalisti manifestanti (anche qui casualmente di colore) e spari sui manifestanti da parte di macchine non troppo identificate.
Ho visto i video dell'arresto come quasi tutti e come quasi tutti non posso ovviamente sapere cosa è accaduto quando la ripresa non c'era o aver capito tutte le sfumature dell'arresto e delle diverse conseguenze. Nella ripresa video però evidente c'è un poliziotto che tiene il proprio ginocchio sul collo di una persona inerme e non si preoccupa minimamente delle lamentele e delle richieste del fermato. Ne' di quelle dei passanti che attirati dalle urla di George Floyd chiedono al poliziotto stesso di allentare la presa. Credo sia sufficiente. Serviranno autopsie, processi, sentenze. Ma quelle immagini hanno già fatto il giro del mondo e del mondo intero hanno percorso la rabbia. Per la sensazione assoluta di sopruso e violenza che hanno dentro. Per la vergogna che fanno provare. Per la rabbia che scatenano. Per la totale e completa ingiustizia che quelle immagini mettono a fuoco ed evidenziano clamorosamente.
"QUANDO QUESTA MERDA INTORNO SEMPRE MERDA RESTERA' RICONOSCERAI L'ODORE PERCHE' QUESTA E' LA REALTA'". E la mia memoria ha continuato la sua corsa arrivando a Patrizia Moretti ed alla sua famiglia. Che anni fa hanno pianto il loro Federico Aldrovandi per un fermo di polizia. Per una gestione folle del fermato. Per una violenza che ha portato alla morte di un innocente che ha avuto solo la sfortuna di essere fermato da poliziotti sbagliati. Memoria che corre ancora e si ferma alla famiglia di Riccardo Magherini che ancora sta lottando per avere giustizia ed una risposta sul perchè il loro Riky non c'è più, dopo un fermo in Piazza Santo Spirito a Firenze. Entrambi come George Floyd, messi proni per terra con poliziotti sopra a tenere bloccati i "pericolosi fermati" ed a dimostrare il loro "peso e la loro forza". Entrambi, come George Floyd, oggi non ci sono più. E qualcuno dovrebbe spiegarci oltre che il perché cosa si sta facendo affinché non accada ancora. Per questo la mobilitazione generale è da applaudire (ovviamente quella che non si scatena in violenza e razzie). Per questo alzare la voce è d'obbligo. Per questo andare oltre la mancanza d'aria nel vedere quel video è fondamentale. Per far sì che queste storie non finiscano in piccole o grandi sentenze ed in brevi o lunghe condanne. C'è molto altro dietro e non può essere nascosto. Non ancora, non più.
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