sabato 17 dicembre 2022

Il costo di obiettare

#KdL - KIAVE di LETTURA n° 518
Nei giorni scorsi ho avuto l'opportunità di ascoltare una serie di interventi di persone apparentemente lontane anni e chilometri ma vicine da quello che un tempo si sarebbe definito un ideale.
Storie di un tempo, storie di adesso. Uomini e ragazzi che hanno dato il testimone a donne e ragazze accompagnandole in un percorso di impegno. 
Si respirava aria di partecipazione, di condivisione, di volontà di sentirsi importanti per la collettività partendo dalla voglia di seguire i propri percorsi valoriali.
Dagli obiettori di coscienza che hanno preferito affrontare il carcere per manifestare il proprio diritto di svolgere un servizio diverso da quello militare alle prime volontarie in servizio civile che circa venti anni fa hanno partecipato ai primi progetti sperimentali basati sull'adesione volontaria. Da chi negli anni si è impegnato per vedere sempre di più riconosciuto prima il diritto e poi l'opportunità a chi oggi, non lontano da qui, rischia la vita nel proprio territorio ucraino o in quello del Paese invasore per la convinzione contraria a quella della difesa o l'attacco con le armi.
"I NOMI DI CHI HA MENTITO DI CHI HA PARLATO DI UNA GUERRA GIUSTA" è un concetto che negli anni ha percorso molti paesi europei e non solo e che qualche giorno fa ho avuto modo di ascoltare nei percorsi e nelle ragioni di chi di questo concetto ha fatto appunto ideale di vita. Con strade diverse in nazioni differenti ma tutti tornando alla radice di due parole: servizio civile.
A costo di "perdere mesi", a costo di passare processi, a costo di impegnarsi in attività di solidarietà per un basso rimborso invece che percorrere altre strade molto più redditizie, a costo di considerazioni non sempre lusinghiere per chi preferisce appunto parlare di obiezione all'uso delle armi e della violenza invece che farsi "rispettare" con la forza.
Giorni importanti che hanno evidenziato e ricordato che non sempre è utopia vedere lontano e non chinare il proprio capo. Che a volte impegnarsi in qualcosa di collettivo invece che personale aiuta tutti, per primo chi lo fa, fornendo formazione e competenze che non si trovano in altre attività o modi di affrontare altri percorsi. Che ricordarsi che una bandiera di pace non è solo un'accozzaglia di colori per far risaltare una maglietta o un balcone ma un ideale da difendere anche mettendoci del proprio. Non abbassando la testa ma tenendola alta ed alzando anche il tono, come da Kiev ha fatto un ragazzo ucraino in collegamento mercoledì facendo vibrare bene la sua voce ed il nostro cuore. "La soluzione è il disarmo. Totale. L'abolizione delle armi nucleari. Il divieto della guerra".
Facendo scattare l'applauso sincero ed i brividi veri. Ma soprattutto accendendo il ricordo di chi quelle cose le ha dette per tanti anni e tanti anni prima dell'inizio di questo conflitto. Per commentare altre guerre e cercare di evitarne ulteriori. Quel Gino Strada che manca sempre ed infinitamente sempre di più.
Questi giorni hanno scaldato il cuore ed evidenziato storie, intime motivazioni e passioni che potrebbero sembrare di un tempo ma che invece sono ancora attualissime ed ancora ben vive. Basta cercarle. Basta "curarle”. Basta farsele scorrere dentro e non sulla pelle, lasciandogli spazio e non scacciandole.

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