#KdL - KIAVE di LETTURA n° 540 |
Certe parole e certi discorsi a volte tornano prepotenti ad essere attuali. Una sorta di continuo ripresentarsi come dettato da scadenze temporali fissate in modo ignoto ma costante. Ed è proprio questo immutato ritornare di attualità di certe cose già dette che accompagna anche questi giorni.
In Emilia Romagna sta accadendo una vera e propria tragedia. Non ci sono altri termini possibili. Le immagini, i video, i racconti, i numeri, le vite, le morti, le evacuazioni, le allerte. Tutto fa rima con tragedia. Tristemente e purtroppo nemmeno in modo nuovo. Sia perché le zone colpite sono le stesse che avevano subito qualche settimana fa un colpo importante, sia perché la storia dell'Emilia Romagna è l'ennesima e per adesso ultima di una lunga serie.
"QUELLA SPONDA DI GHIAIA CHE ALLA PRIMA ALLUVIONE VA GIU'" mi rintrona in testa da giorni. Le zone colpite che si estendono sempre più per intensità e dolore sono zone conosciute che sento un po' mie anche se non lo sono e che vedo ogni giorno di più straziate da allagamenti, crolli e dolori. Persone colpite nelle perdite di affetti, case, imprese e posti di lavoro. Luoghi straziati ed irriconoscibili. Di nuovo l'alluvione a portare via vite e sogni e metterci al loro posto dolore e strazio.
Ho rivisto in quelle immagini i racconti di chi ha vissuto quella del 1966 a Firenze che allo stesso modo trascinò via tanto lasciando dentro ai colpiti ancora di più. Tanto da trasmettere tutto per anni nel ricordo e nella loro intensità anche a persone che all'epoca non l'avevano vissuta. Ed oggi quelle scene è come se accendessero ricordi ed aprissero ferite anche a chi, come me, all'epoca non c'era.
La popolazione si è già messa al lavoro, pronta a non farsi trascinare via e con la voglia di rialzarsi subito dallo sgambetto subito. Accanto a loro anche quei giovani di Ultima Generazione che ovviamente erano stati invitati in modo sarcastico e polemico ad intervenire per farsi perdonare delle azioni per i quali erano stati condannati da tutta l'opinione pubblica. Invitati, quando in realtà loro erano già a spalare fango e dare una mano, continuando a farlo senza codazzo mediatico a seguito per far risaltare la presenza e poi andarsene. Nessuno a dirgli invece "beh forse dopo avervi criticato così fortemente e platealmente che neanche gli stragisti di stato, bisognerebbe riprendere anche il vostro messaggio", ci mancherebbe. Ma d'altra parte le critiche arrivavano ed arrivano da chi da sempre dà spazio a chi l'ambiente lo avvelena con scelte e fatti per poi piangere le successive tragedie ed invocare aiuti.
Come già mille altre volte, in questo momento quasi tutte le parole sembrano di troppo ed io ne ho usate fin troppe, per questo non vado oltre. Se non per aggiungere quello che non serve a nessuno se non a me, lo so. Ma sento di volerlo fare. Mandare cioè un abbraccio di cuore e tutta la mia vicinanza a chi adesso si sente perso e disperato. A chi è colpito nei beni e nel cuore. A chi ha paure enormi e può solo sperare. Un abbraccio vero e sentito. Ed un GRAZIE altrettanto vero e sentito a chiunque stia dando una mano, di qualsiasi tipo, per davvero e non per apparire o per nascondere le proprie responsabilità.
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