#KdL - KIAVE di LETTURA n° 537 |
Vista la programmazione per la giornata stessa, già esistente la settimana scorsa, vedere le derive una volta passata la Liberazione non sorprende, tutt'altro. Ma non solo quelle. Siamo infatti andati oltre e passati anche alle richieste. La "non divisività" come se ci fosse qualcosa di più comune e NON divisivo della liberazione e della successiva libertà per tutti. Di più. La pacificazione. Questo chiede il presidente del Senato. Una sorta di amnistia/condono visto da chi arriva e da quel che ha sempre dimostrato di pensare.
Lo fa dalla commemorazione di Sergio Ramelli, svolta ieri a Milano. Commemorazione nella quale si vedono, sentono e percepiscono tutti elementi che con la pacificazione non hanno niente a che fare. Ma che puzzano clamorosamente di nostalgia del fascismo. Braccia alzate, chiamate al presente, "camerati", cori ed impostazioni di riti e cortei. Da brividi e da schifo. Non la commemorazione ci mancherebbe. Non la richiesta e la voglia di ricordare un ragazzo ucciso, stra-legittimo. Ma il fatto che le persone "A CUI RACCONTARE" la storia di Ramelli vengono accompagnate nel ricordo anche di altro.
Il contesto in cui avviene buona parte della giornata infatti è quell'orribile salto in un passato fatto di orrori a targa fasciste. Scrivo avviene e non "è avvenuta" perché non è esclusiva della giornata di ieri ma è una triste abitudine che si ripete per l'ennesima volta. Ed alla domanda del perché e del suo pensiero sulla vicenda la seconda carica dello Stato prima ha detto che non rispondeva, poi che con alcune testate non parlava ed infine che chi faceva domande di quel tipo si doveva vergognare.
Non contento ha chiesto a gran voce "pacificazione". Lui. Ripeto lui. Pacificazione dallo scranno più alto della camera più importante del Parlamento e......sotto il busto del suo mito di giovinezza (parola scelta non a caso). Chissà se nel suo lodevole percorso in tal senso il migliore paesaggio da lui previsto è quello di un'adunata fascista come rivisitazione del tempo che fu con cui però, secondo il suo parere, dobbiamo convivere tutti contenti e sereni. Nell'ottica di una pacificazione in cui evidentemente gridare camerata, alzare il braccio e tenderlo in modo orribile in una vera e propria adunata non deve sconvolgere dato che qualche giorno prima altri hanno manifestato il loro "punto di vista" nella giornata della Liberazione. Ennesima conferma del nuovo gioco nazionale "ognuno ha il suo pensiero e tutto si può dire".
Più pacificazione di così. Tanta e tale da rendere ormai possibile tutto. Anche non vergognarsi del grido "camerata" ma rivendicarlo come libera espressione del proprio pensiero. Passaggio completato, da Liberazione a Pacificazione.
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